Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano ha chiesto di sapere se la previsione di cui all’art. 8, D. Lgs. n. 96/2001, debba interpretarsi nel senso che l’avvocato, con il quale l’avvocato stabilito deve agire di intesa, debba sempre presenziare, o comunque assistere, alle udienze alle quali partecipa l’avvocato stabilito.

Premessa l’inesistenza di precedenti in materia, la Commissione osserva quanto segue.
L’art. 4 del R.D.L. n. 1578/1933 subordina l’esercizio della professione di avvocato alla iscrizione in un albo.
L’art. 3 dell’anzidetto D. Lgs. n. 96/01 prevede che l’avvocato stabilito sia iscritto nella sezione speciale dell’Albo degli Avvocati.
Ai sensi, poi, del successivo art. 4, l’avvocato stabilito “ha diritto di esercitare la professione di avvocato di cui al regio decreto legge 27 novembre 1933 n. 1578 ….alle condizioni e secondo le modalità previste nel presente titolo”.
Fra le modalità di esercizio spicca, in primo luogo, quella recata dall’art. 8, il quale prevede, al comma 1, che l’Avvocato stabilito deve “agire di intesa” con un professionista qualificatosi avvocato in Italia fin dall’origine. Quest’ultimo, infatti, dovrà assicurare “i rapporti (dell’avvocato stabilito) con l’autorità adita o procedente e nei confronti della medesima è responsabile dell’osservanza dei doveri imposti dalle norme vigenti ai difensori.”.
Ad avviso della Commissione, la ratio di tale norma va individuata nel dovere di osservanza, da parte dell’avvocato stabilito, “delle norme legislative, professionali e deontologiche che disciplinano la professione di avvocato” in un Paese diverso da quello di origine e si estrinseca nel successivo comma 2, laddove vengono precisati i contorni formali della cosiddetta intesa, che può concretizzarsi, alternativamente, in:
• Una scrittura privata autenticata
ovvero
• Una “dichiarazione resa da entrambi gli avvocati al giudice adito o all’autorità procedente, anteriormente alla costituzione della parte rappresentata ovvero al primo atto di difesa dell’assistito”
La norma, quindi, impone doveri di ottemperanza e di vigilanza in capo, rispettivamente, all’avvocato stabilito ed all’avvocato del Paese ospitante e prescrive una presa d’atto formale ed esplicita dei medesimi, scritta ovvero resa a verbale, in esecuzione del cosiddetto rapporto di intesa. Non prevede, invece, la compresenza avanti l’Autorità giudiziaria di entrambi gli Avvocati allorquando l’Avvocato stabilito eserciti la professione.
Parendo, quindi, ragionevolmente applicabile all’ipotesi rappresentata il brocardo ubi lex voluit dixit; ubi noluit, tacuit, all’interrogativo posto dal COA di Milano si dovrà rispondere nei seguenti termini:
L’avvocato con il quale l’avvocato stabilito agisce di intesa ai sensi dell’art. 8 del D. Lgs. n. 96/2001 non è obbligato a presenziare, ovvero assistere alle udienze alle quali l’avvocato stabilito partecipa (in questo senso, peraltro, v. anche Corte di Giustizia UE, 25.2.1988, in c. 427/85). Si osserva tuttavia che l’intesa implica una forte responsabilità dell’avvocato italiano per quanto attiene al controllo dell’attività dell’avvocato stabilito, pur in assenza della condivisione del mandato difensivo.

Consiglio Nazionale Forense (rel. Merli), parere del 28 marzo 2012, n. 9

Quesito n. 109

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 9 del 28 Marzo 2012
- Consiglio territoriale: COA Milano, delibera (quesito)
Prassi: pareri CNF

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