Il quesito proposto dal C.O.A. (di Palermo) riguarda la posizione del praticante avvocato, agente di p.s. che, per inderogabili documentate esigenze di servizio (prestato in occasione del terremoto in Abruzzo), ha interrotto la pratica forense per un periodo superiore al semestre e ne ha tuttavia richiesto il riconoscimento ai fini della maturazione del biennio utile per il rilascio del certificato di compiuta pratica;

La Commissione, dopo ampia discussione, fa propria la proposta del relatore e rende il seguente parere:

“Questo Consiglio ha già avuto modo di precisare che «requisito indispensabile per il corretto e compiuto svolgimento della pratica è l’assiduità o continuità della stessa: pertanto, l’interruzione dello svolgimento della pratica per un periodo superiore a sei mesi determina, ex art. 4, u.c., R.D. 37/1934, la cancellazione del praticante dal relativo registro, rimanendo peraltro privo di effetti il periodo di pratica già compiuto» (C.N.F., sent. 4 novembre 1999, n. 207; nello stesso senso, sent. 16 maggio 1997, n. 58).
La Commissione è ben consapevole che possono esservi situazioni in cui la disposizione citata (che impone lo svolgimento ex novo della pratica per coloro che la interrompano per periodi superiori al semestre) può risultare inadeguata a fronte di talune circostanze. Tuttavia – come in altra occasione si è già osservato (cfr. pareri 23 luglio 2009, n. 28 e 13 luglio 2005, n. 65) – la norma «non è suscettibile di interpretazione derogatoria, non essendovi alcun elemento testuale che autorizzi eccezioni».
Il periodo di interruzione, per quanto astrattamente giustificato, non può pertanto ritenersi utile ai fini della maturazione del biennio per il rilascio del certificato di compiuta pratica.
Occorre tuttavia considerare che l’interruzione della pratica forense per periodo superiore ai sei mesi presuppone la mancanza di pratica sia sotto il profilo dell’attività di studio (come dal quesito proposto non è peraltro dato compiutamente rilevare) sia sotto il profilo della frequentazione delle udienze. Sicché la cancellazione dal registro dei praticanti è consentita -a norma dell’art. 4, ultimo comma, del R.d. 22 gennaio 1934, n. 37- solo a seguito di un’effettiva e completa interruzione ultrasemestrale del tirocinio (C.N.F. sent. 26 febbraio 2009, n. 7).
Conseguentemente -e salve, se del caso, le ulteriori disposizioni a carattere regolamentare deliberate in sede locale- diversamente dai casi di “interruzione”, le ipotesi di “sospensione” nello svolgimento della pratica (esempi tipici: quelli connessi alla prestazione del servizio militare o allo stato di gravidanza ai quali possono essere assimilate stringenti ragioni di servizio, quali quelle del quesito proposto) non producono gli effetti permanenti considerati né comportano la perdita del diritto al riconoscimento del periodo di pratica già maturato, salva la ripetizione del semestre insufficiente.”

Consiglio Nazionale Forense (rel. Bianchi), parere del 22 aprile 2010, n. 23

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 23 del 22 Aprile 2010
- Consiglio territoriale: COA Palermo, delibera (quesito)
Prassi: pareri CNF

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