Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Chieti chiede se costituisca modalità di corretta informazione, anche ai sensi dell’art. 17 C.D. l’indicazione nella carta intestata e negli atti dell’avvocato solo della sigla dell’associazione consumatori di cui l’avvocato sia responsabile localmente (unitamente ai nominativi di altri avvocati parimenti legali dell’associazione) senza indicazione alcuna di “studio Legale” svolgendosi, nel caso specifico, l’attività professionale direttamente nella sede dell’associazione dei consumatori i cui recapiti sono indicati sia nella carta intestata che negli atti.

Nell’ipotesi delineata dal COA richiedente ricorre un’inopportuna commistione di indicazioni che potrebbero essere strumentalizzati al duplice fine di acquisire pratiche legali e di procurare aderenti all’associazione: una situazione, anche logistica, funzionale a creare condizioni per un accaparramento di clientela conseguente ad una canalizzazione di potenziali utenti da convogliare sull’associazione e da acquisire come clienti dello studio professionale.
L’ambiguità ingenerata dalla contiguità sulla carta intestata del nominativo dell’avvocato e della sigla dell’associazione non risulta in linea con il precetto deontologico perché pone i presupposti per creare un canale artificiale di collegamento confondendo la sede dello studio legale con quella dell’associazione e, di conseguenza, generando equivoci sulle diverse attività svolte.
Va segnalato, a tal proposito, che già precedentemente questo Consiglio aveva avuto modo di affermare la non liceità deontologica del comportamento dell’avvocato che avesse consentito l’ubicazione presso il proprio studio di un’associazione di categoria stante il potenziale accaparramento di clientela (sentenza 127/2008 e parere 17/2011).
Tale essendo il contesto non può che essere in violazione dei divieti di cui agli art. 19 e 21 C.D. il comportamento dell’avvocato che strumentalizzi il proprio ruolo professionale confondendolo con quello svolto in ambito associativo: un mezzo per rendere noto a terzi sia l’esistenza dell’associazione che l’appartenenza dell’avvocato alla stessa potendosi addirittura ingenerare un equivoco circa la legittimazione al giudizio jure proprio in capo all’associazione contrariamente al disposto di cui all’art. 7 L. 27/11/1933 n. 1578 e dell’art. 2229 c.c (se non dell’art. 348 c.p.).
Va ulteriormente osservato come una tale modalità operativa porti ad una non consentita spersonalizzazione della funzione dell’avvocato perché, l’accostamento del nome e del titolo esclusivamente alla sede dell’associazione, oltre a comportare di fatto un messaggio equivoco e decettivo nei confronti dei terzi, determina uno svilimento del ministero professionale privandolo della sua peculiarità.
Va quindi esclusa la liceità deontologica della fattispecie rappresentata.

Consiglio Nazionale Forense (rel. Picchioni), parere 16 gennaio 2013, n. 1

Quesito n. 194 del Coa di Chieti.

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 1 del 16 Gennaio 2013
- Consiglio territoriale: COA Chieti, delibera (quesito)
Prassi: pareri CNF

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