Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bologna richiede al Consiglio Nazionale Forense un parere in ordine al seguente quesito: «Se, alla luce dell’art. 4-bis, comma 2, lett. a), Legge n. 247/2012, ove si prescrive che “…i soci, per almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, devono essere avvocati iscritti all’albo, ovvero avvocati iscritti all’albo e professionisti iscritti in albi di altre professioni..”, sia o meno ammissibile che a una società tra avvocati, costituita ai sensi dell’art. 4-bis Legge n. 247/2012, partecipi in luogo dei singoli professionisti iscritti all’albo, una associazione professionale costituita ai sensi dell’art. 1 l. n. 1815/1939, una associazione professionale tra avvocati, ai sensi dell’art. 4, comma 1, Legge n. 247/2012, oppure una associazione multidisciplinare tra avvocati e altri professionisti, ai sensi dell’art. 4, comma 2, Legge n. 247/2012».

Onde dare compiuto riscontro ad entrambi i quesiti, si espone quanto segue.
1. Innanzitutto, è noto che l’art. 1, comma 141, della Legge 4 agosto 2017, n. 124, previa espressa abrogazione espressa dell’art. 5 della legge professionale (che conteneva la delega legislativa al Governo per la disciplina dell’esercizio della professione forense in forma societaria, delega poi scaduta), ha nuovamente modificato la disciplina, inserendo nella L. n. 247 del 2012 l’art. 4-bis; in particolare, tale norma consente l’esercizio in forma societaria della professione forense mercé l’utilizzo dei modelli societari tipizzati all’interno del codice civile (società di persone, di capitali o cooperative), prescrivendo altresì:
(i) che le STA siano iscritte in un’apposita sezione speciale dell’albo tenuto dall’ordine territoriale nella cui circoscrizione ha sede la medesima società;
(ii) il divieto di partecipazione societaria tramite società fiduciarie, trust o per interposta persona (comma 1);
(iii) che: “i soci, per almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, devono essere avvocati iscritti all’albo, ovvero avvocati iscritti all’albo e professionisti iscritti in albi di altre professioni; il venire meno di tale condizione costituisce causa di scioglimento della società e il consiglio dell’ordine presso il quale è iscritta la società procede alla cancellazione della stessa dall’albo, salvo che la società non abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci professionisti nel termine perentorio di sei mesi”;
(iv) che la maggioranza dei membri dell’organo di gestione debba essere composta da soci avvocati e che i componenti dell’organo di gestione non possano essere estranei alla compagine sociale; i soci professionisti possono rivestire la carica di amministratori;
(v) al comma 3, che, anche nel caso di esercizio della professione forense in forma societaria, resta fermo il principio della personalità della prestazione professionale, di talché l’incarico può essere svolto soltanto da soci professionisti in possesso dei requisiti necessari per lo svolgimento della specifica prestazione professionale richiesta dal cliente, i quali assicurano per tutta la durata dell’incarico la piena indipendenza e imparzialità, dichiarando iniziali o sopravvenuti conflitti di interesse o casi di incompatibilità;
(vi) al comma 4, il concorso della responsabilità della società e dei soci con quella del professionista che ha eseguito la specifica prestazione;
(vii) al comma 5, la sospensione, cancellazione o radiazione del socio dall’albo costituisce causa di esclusione dalla società;
(viii) al comma 6, che le società sono in ogni caso tenute al rispetto del codice deontologico forense e sono soggette alla competenza disciplinare dell’ordine di appartenenza.
2. Ciò posto, va altresì considerato, come pure evidenziato dalla ormai costante giurisprudenza del Supremo Collegio (cui si aderisce), che, sebbene privo di personalità giuridica, lo studio professionale associato – da reputarsi evidentemente tale in ogni propria diversa declinazione tipizzata dalla legge – rientra a pieno titolo nel novero di quei fenomeni di aggregazione di interessi cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomi centri di imputazione di rapporti giuridici, muniti di legale rappresentanza in conformità della disciplina dettata dall’art. 36 c.c. e segg. D’altronde, l’art. 36 c.c. prescrive che l’ordinamento interno e l’amministrazione delle associazioni non riconosciute sono disciplinati dagli accordi tra associati, con relativa potenziale attribuzione all’associazione della legittimazione a stipulare contratti e ad acquisire la titolarità di rapporti giuridici da delegare poi ai singoli associati (si cfr., tra le altre, Cass. civ., sez. VI, 27.10.2020, n.23489; Cass. civ., sez. II, 09.10.2020, n.21868; Cass. civ., sez. II, 29.04.2020, n.8358; Cass. civ., sez. I, 17.04.2020, n.7899; Cass. civ., sez. II, 02.07.2019, n.17718; Cass. civ., sez. I, 15.07.2011, n.15694).
Di conseguenza, il giudice di legittimità ha reputato sussistente la legittimazione attiva dello studio professionale associato ove le suddette pattuizioni negoziali vengano accertate dal giudice del merito; peraltro, in tal modo è stato altresì superato il precedente orientamento, secondo il quale l’associazione tra professionisti non potrebbe configurarsi come centro autonomo di imputazione di diritti ed obblighi stante l’asserita natura dell’accordo negoziale relativa solo alla divisione delle spese ed alla ripartizione degli utili (Cass. civ., sez. II, 10.07.2006, n. 15633; Cass. civ., sez. lav., 21.10.1997, n. 10354). Ed infatti, ferma la personalità della prestazione professionale, come innanzi evidenziato, il fenomeno associativo tra professionisti può non essere univocamente finalizzato alla divisione delle spese ed alla gestione congiunta dei proventi.
3. Fermo quanto innanzi, una serie di elementi militano nel senso di negare la possibilità che una associazione tra professionisti come disciplinata per legge possa partecipare ad una STA in luogo dei singoli professionisti iscritti all’albo, al fine di integrare il requisito soggettivo prescritto all’art. 4-bis, comma 2, lett. a), Legge n. 247/2012 (secondo cui “i soci, per almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, devono essere avvocati iscritti all’albo, ovvero avvocati iscritti all’albo e professionisti iscritti in albi di altre professioni”).
Tale conclusione si giustifica per una serie di motivi.
3.1. In primis, la potenziale partecipazione di un’associazione professionale in una STA richiede che essa, nel caso concreto, sia negozialmente strutturata quale autonomo centro di imputazione di diritti e di obblighi (quindi, con autonoma soggettività giuridica); altrimenti opinando, infatti, non se ne potrebbe predicare neppure in astratto la possibilità di acquisire lo status di socio di una STP.
Ciò posto, la lettera dell’art. 4-bis, comma 2, lett. a), è chiara nell’indicare un fermo ed inderogabile requisito soggettivo: i soci che rappresentano almeno i due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto devono essere “avvocati iscritti all’albo, ovvero avvocati iscritti all’albo e professionisti iscritti in albi di altre professioni”. Si tratta evidentemente di un elemento che tipizza la STA, onde assicurare la personalità della prestazione professionale a rendersi dai soci professionisti in possesso dei requisiti necessari per lo svolgimento della specifica prestazione professionale richiesta dal cliente.
Ne deriva che l’alterità soggettiva dell’associazione professionale rispetto ai professionisti – persone fisiche comporta che la prima non può sostituire i secondi ai fini della ricorrenza del suddetto requisito soggettivo.
3.2. Peraltro, uno dei tratti che distinguono le associazioni professionali dalle STA è rappresentato dalla circostanza che l’incarico professionale, nelle prime, va necessariamente conferito ai singoli professionisti associati (si cfr, art. 4, comma 1, secondo periodo, l. 247/2012), mentre, nelle seconde, viene conferito alla società così determinandosi una dissociazione tra il soggetto che assume l’incarico (la società) e colui che lo porterà ad esecuzione (il professionista abilitato e socio della società). Nelle STA, dunque l’art. 2232 c.c. – a mente del quale “il prestatore d’opera professionale deve eseguire personalmente l’incarico assunto” – viene modulato in una prospettiva organizzativa che pone in equilibrio, da un lato, la personalità della prestazione e, dall’altra, l’organizzazione societaria.
Se tuttavia è vero che tale dissociazione è ammessa nelle STA, è altrettanto vero che il cliente è tutelato nella misura in cui ha contezza – in forza dell’applicazione del regime di pubblicità dichiarativa in ambito societario – di chi siano i professionisti (persone fisiche) che rivestono lo status di socio della STA, così essendo a conoscenza di coloro deputati astrattamente ad eseguire l’attività professionale richiesta alla società.
Ebbene, nell’ipotesi in cui si volesse considerare integrato il suddetto requisito soggettivo di cui all’art. 4-bis, comma 2, lett. a), Legge n. 247/2012 a mezzo di associazioni professionali anziché persone fisiche-professionisti, ci si troverebbe di fronte ai seguenti notevoli rischi:
(i) rendere all’assistito più difficile l’individuazione del novero dei professionisti che effettivamente eseguiranno l’incarico conferito alla STA, stante l’ulteriore schermo soggettivo costituito dal socio-associazione professionale;
(ii) violare il divieto nelle associazioni tra avvocati – prescritto all’art. 4, comma 1, primo periodo Legge n. 247/2012 – di dissociazione tra chi assume l’incarico e chi lo esegue, in quanto nelle STA l’incarico viene conferito alla società;
(iii) il tutto, senza considerare che, ammettendo quanto innanzi, stante l’alterità soggettiva delle associazioni professionali, ci si potrebbe trovare di fronte ad una STA partecipata solo da associazioni professionali, con l’ulteriore conseguenza che l’incarico professionale non potrebbe materialmente essere svolto da professionisti-persone fisiche (professionisti), non rivestendo questi ultimi lo status di soci della STA; e ciò, in violazione dell’art. 4-bis, comma 3, Legge n. 247/2012.
3.3. Insomma, la STA è uno strumento organizzativo patrimoniale immaginato allo scopo di agevolare l’esercizio dell’attività forense e che deve lasciare intatta la personalità della prestazione professionale, oltre che la riserva dell’attività di assistenza giudiziaria in capo agli avvocati. Tale equilibrio viene assicurato nelle STA in presenza di soci-professionisti (“avvocati iscritti all’albo, ovvero avvocati iscritti all’albo e professionisti iscritti in albi di altre professioni”) che rappresentino almeno i due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto; qualsivoglia ulteriore schermo soggettivo svilisce il filo rosso che, nelle STA, lega l’organizzazione alla personalità della prestazione.
D’altronde, non a caso la lettera dell’art. 4-bis, comma 3, Legge n. 247/2012 è chiara in tal senso.
4. Alla luce di quanto innanzi, si deve ritenere che non è ammissibile che in una società tra avvocati, costituita ai sensi dell’art. 4-bis Legge n. 247/2012, partecipi in luogo dei singoli professionisti iscritti all’albo, una associazione professionale costituita ai sensi dell’art. 1 l. n. 1815/1939, una associazione professionale tra avvocati, ai sensi dell’art. 4, comma 1, Legge n. 247/2012, oppure una associazione multidisciplinare tra avvocati e altri professionisti.

Consiglio nazionale forense, parere n. 18 del 19 febbraio 2021

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 18 del 19 Febbraio 2021
- Consiglio territoriale: COA Bologna, delibera (quesito)
Prassi: pareri CNF

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