Si chiede (quesito del COA di Verona) se nell’ambito dell’informazione professionale di cui agli artt. 17 e 17-bis c.d.f., sia consentita l’indicazione della qualifica di Mediatore professionista e con quali modalità e/o limitazioni.

Va premesso che non pare corretta l’espressione Mediatore – Professionista evocando il secondo termine la figura di esercente esclusivo a titolo professionale e attività di mediatore.

E’ da rilevare esemplificatamente che gli artt. 4 e 6 del regolamento del D.M. 180/210 fanno riferimento a mediatori in possesso di requisiti di qualificazione, di specifica formazione e di onorabilità che, in quanto tali, possono essere iscritti nell’elenco di mediatori presso gli organismi di mediazione.
La funzione di mediatore presuppone un’adeguata competenza che a norma del D.M. 180/2010 come modificato dal D.M. 6/7/2011 N. 145 che all’art. 3 prevede “l’assegnazione di affari di mediazione predeterminati e rispettosi della specifica competenza professionale del mediatore designato, desunta anche dalla tipologia della laurea universitaria posseduta” ed all’art. 4 “il possesso, da parte dei mediatori, di una specifica formazione e di uno specifico aggiornamento almeno biennale, acquisiti presso gli enti di formazione in base all’art. 18, nonché la partecipazione, da parte dei mediatori, nel biennio di aggiornamento e in forma di tirocinio assistito, ad almeno venti casi di mediazione svolti presso organismi iscritti”
L’art. 55 bis del c.d.f., recentemente introdotto, prevede al comma I che “l’avvocato non deve assumere la funzione di mediatore in difetto di adeguata competenza”
In tale contesto non può negarsi che la funzione di mediatore possa favorevolmente caratterizzare la professione di avvocato, ancorché non tipica della stessa, alla luce degli obblighi formativi imposti che richiedono per l’iscrizione nell’elenco dei mediatori il possesso anche di una specifica competenza e di uno specifico aggiornamento almeno biennale acquisito presso appositi enti.
Nell’ambito dell’informazione sull’attività professionale di cui agli artt. 17 e 17 bis c.d. pare consentita l’indicazione di funzioni (che presuppongono una particolare attività di formazione) che hanno attinenza con l’esercizio della professione forense e non le sono, comunque, estranee.
L’indicazione, ad esempio, sulla carta intestata della qualifica di mediatore abilitato non è fuorviante attenendo al possesso di una specifica competenza e/o abilitazione a conferma di una capacità professionale alla cui comunicazione a terzi non può attribuirsi, a priori, alcun fine decettivo.
Si tratta, in buona sostanza, di informazione su un settore di esercizio di attività prevalente che attiene anche alla professione dell’avvocato ed aggiunge un quid pluris lecito alla sua immagine, rivelando una particolare competenza ed esperienza che vanno a vantaggio del cliente consentendogli una più approfondita valutazione dei propri interessi nell’ambito di una procedura di mediazione.
Conclusivamente l’informazione circa il possesso della qualifica di mediatore abilitato non pare, di per sé, confliggere con gli art. 17 e 17 bis c.d.f.

Consiglio Nazionale Forense (rel. Picchioni), parere del 21 settembre 2011, n. 88

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 88 del 21 Settembre 2011
- Consiglio territoriale: COA Verona, delibera (quesito)
Prassi: pareri CNF

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