L’ordine forense parmigiano chiede “se, e in che limiti, il Consiglio dell’Ordine sia obbligato a sporgere denuncia all’autorità giudiziaria per fatti appresi nell’esercizio delle sue funzioni”, rappresentando il caso di una vicenda disciplinare nell’ambito della quale emergano elementi indicanti una condotta suscettibile di rilievo penale.

La Commissione, dopo ampia discussione, fa propria la proposta del relatore e rende il seguente parere:

“Per esprimere un compiuto parere, la Commissione ritiene che occorra preliminarmente ricordare la natura di enti pubblici dei consigli dell’Ordine Forense con la conseguenza che essi, come evidenziato da autorevole e condivisa dottrina (cfr. E. Ricciardi, Lineamenti dell’ordinamento professionale forense, Giuffrè 1990, pagg. 49-50), sono necessariamente da ritenersi legittimati ad individuare gli strumenti e le iniziative atti a perseguire i fini ed a tutelare i valori che costituiscono la ragione della loro esistenza, quale necessario complemento alle specifiche funzioni previste dall’art. 14 della l. 22 gennaio 1934, n. 37.
Premessa questa considerazione di ordine generale, che rileva per quanto si dirà tra breve, con più particolare riferimento al quesito, la Commissione osserva che secondo la giurisprudenza della Suprema Corte «A norma dell’art. 368 c.p. è calunniosa anche la denuncia – o querela, richiesta oppure istanza – diretta ad autorità diversa da quella giudiziaria, che a questa abbia obbligo di riferire: obbligo che non può non incombere anche al Consiglio dell’ordine degli avvocati, organo amministrativo al quale sono conseguentemente applicabili gli artt. 361 c.p. e 331 c.p.p., talché può essere calunnioso anche un esposto ad esso presentato” (Cass. civ., sez. III, sent. 13 gennaio 2005, n. 560).
La massima sopra riportata è molto chiara nel senso dell’obbligo (e non della mera facoltà) di denuncia, ma il suo contenuto deve essere coordinato con le specifiche norme dettate per il procedimento disciplinare, così da ricondurre il sistema ad unità.
Come è noto il Consiglio dell’Ordine, dopo una preliminare e sollecita valutazione, previa audizione dell’iscritto e/o richiesta di chiarimenti, può deliberare l’archiviazione del caso ovvero l’apertura del procedimento disciplinare, formulando i relativi capi di incolpazione.
L’art. 47 del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37 fa carico al Presidente del Consiglio dell’Ordine di dare immediata comunicazione all’interessato ed al pubblico ministero dei procedimenti disciplinari che siano stati iniziati (vale a dire: aperti) a termini dell’art. 38 della legge professionale; detta comunicazione deve contenere anche l’enunciazione sommaria dei fatti (nella prassi, è riportato il capo di incolpazione).
Tale comunicazione al pubblico ministero è da ritenersi equivalente alla denuncia indicata nel comma 4 dell’art. 331 cod. proc. pen..
Nel caso di archiviazione del procedimento disciplinare, invece, non essendone prevista tra le regole del procedimento disciplinare la comunicazione al pubblico ministero, il Consiglio dell’Ordine, applicando la norma prevista dall’art. 331 c.p.p., può e deve anche in questo caso dare comunicazione al P.M. della supposta notizia di reato.
Naturalmente, ferma la prassi ordinaria, nulla esclude che in casi particolari, riferiti a fatti di reato che provochino notevole turbamento, o per altre valutazioni rimesse al Consiglio dell’Ordine, quest’ultimo possa decidere di inviare al pubblico ministero non la semplice comunicazione di apertura del procedimento disciplinare, ma una più precisa e articolata segnalazione, così realizzando i principi generali indicati in premessa e tutelando in modo più penetrante i valori dell’Avvocatura.
Si deve ritenere che l’obbligo di effettuare la denuncia di reato di cui all’art. 331 c.p.p., considerato il riferimento normativo alla necessità di evitare il “ritardo”, si determini in capo al Consiglio dell’Ordine non appena abbia avuto conoscenza di fatti che – senza che ovviamente il Consiglio sia chiamato ad approfondimenti su tutti gli elementi costitutivi della fattispecie criminosa – appaiono integrare la stessa quantomeno sotto il profilo oggetto.”

Consiglio Nazionale Forense (rel. Florio), parere del 22 aprile 2010, n. 11

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 11 del 22 Aprile 2010
- Consiglio territoriale: COA Parma, delibera (quesito)
Prassi: pareri CNF

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