Il quesito (del COA de L’Aquila) riguarda la possibilità per un ente locale, dotato di proprio ufficio legale interno, di fornire assistenza legale ad altri enti locali non provvisti di Avvocatura interna, a mezzo di apposita convenzione, assumendone la difesa e la rappresentanza in giudizio e fornendo altresì consulenza di natura giuridica in ordine alle possibilità di definizioni stragiudiziali del contenzioso ovvero indicando le azioni più idonee alla tutela dell’ente conferente, ai sensi dell’art. 2, comma 12, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Finanziaria 2008) e dell’art. 30, d. lgs. 267/2000.

Va innanzitutto ricordato che il comma 12 dell’art. 2 della Legge 24.12.2007 n. 244 (Legge Finanziaria 2008) dispone che “Gli Enti locali di cui all’art. 2 del testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, possono istituire, mediante apposite convenzioni, da stipulare ai sensi dell’art. 30 del medesimo testo unico, uffici unici di avvocatura per lo svolgimento di attività di consulenza legale, difesa e rappresentanza in giudizio degli enti convenzionati”.

Inoltre, l’art. 30 del D. Lgs. 267/2000 statuisce che “al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati, gli enti locali possono stipulare tra loro apposite convenzioni. [omissis]
Le convenzioni di cui al presente articolo possono prevedere la costituzione di uffici comuni, che operano con personale distaccato dagli Enti partecipanti, ai quali affidare l’esercizio delle funzioni pubbliche in luogo degli Enti partecipanti all’accordo, ovvero la delega di funzioni da parte degli Enti partecipanti all’accordo a favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto degli Enti deleganti”.
La Commissione osserva che la fattispecie in esame – al di là degli aspetti di natura strettamente amministrativa che regolano i rapporti fra le varie Amministrazioni Pubbliche – deve essere valutata essenzialmente alla stregua delle previsioni di cui all’art. 3 del R.DL. 1578/1933 ed in merito alle quali ritiene di ribadire il proprio costante e consolidato orientamento in tema di iscrizione nell’elenco degli avvocati presso enti pubblici e conseguentemente delle condizioni che devono essere garantite per assicurare il rispetto della norma – derogatoria – sulla compatibilità tra lo status di dipendente pubblico e l’iscrizione in albi.
Anche alla luce dell’analisi testuale vi è la necessità che l’attività professionale dell’avvocato-dipendente sia prestata esclusivamente in favore dell’ufficio legale dell’ente di appartenenza, così come letteralmente prevede la norma del 1933, allorquando fa riferimento alle «…cause e gli affari propri dell’Ente presso il quale prestano la loro opera…».
Al riguardo, il CNF si è già espresso con parere 22 novembre 2005, n. 88 secondo cui «…è necessario che l’attività professionale sia prestata esclusivamente in favore dell’Ufficio Legale dell’Ente di appartenenza…»; indirizzo confermato tra l’altro con successivo parere 25 gennaio 2006, n. 1, con cui sono stati richiamati come indefettibili per l’iscrizione nell’elenco speciale annesso all’albo i requisiti della precostituzione dell’Ufficio Legale dell’Ente e dell’assegnazione del dipendente all’Ufficio stesso e alla cura di cause ed affari propri dell’Ente.
La predetta prospettazione risulta altresì confermata dal parere 21 luglio 2010 n. 43, nonché dall’ottica necessariamente restrittiva con cui va guardata l’intera fattispecie, tenuto conto della natura derogatoria – e quindi eccezionale – rivestita dal 4 comma dell’art. 3 R.D.L. 1578/1933.
La norma di legge della Finanziaria 2008 citata nel quesito ed i suoi rapporti con le disposizioni dell’ordinamento forense sono stati già oggetto di una pronuncia di questa Commissione con il parere 23 settembre 2009, n. 36. Ivi si è osservato che – al di là degli aspetti di natura strettamente amministrativa che regolano i rapporti fra le varie Amministrazioni Pubbliche – non vi è luogo a disattendere il riferito costante e consolidato orientamento (tanto del C.N.F. quanto della Suprema Corte di Cassazione) in tema di iscrizione nell’elenco degli avvocati presso enti pubblici, ove prescrive che gli avvocati iscritti negli elenchi speciali debbano svolgere la loro attività presso uffici legali istituiti presso gli enti pubblici con carattere di autonomia e separatezza rispetto agli altri uffici e che il loro jus postulandi sia limitato alle cause ed agli affari propri dell’ente pubblico di cui sono dipendenti. Ciò allo scopo di garantire quell’irrinunciabile esigenza di salvaguardare l’autonomia di giudizio e d’iniziativa degli avvocati, normalmente garantita nell’esercizio della professione in forma libera (tra le altre, Cass., sez. un., 19 agosto 2009,  n. 18359; 10 novembre 2000, n. 1164; 19 giugno 2000, n. 450; 6 giugno 2000, n. 418; 18 maggio 2000, n. 363).
Ne consegue che, salva la libertà delle Pubbliche Amministrazioni di organizzare le proprie strutture interne in base a scelte di responsabile discrezionalità, non può ritenersi legittima l’adibizione di dipendenti avvocati al servizio, totale o parziale, di enti pubblici terzi rispetto a quello datore di lavoro.

Consiglio Nazionale Forense (rel. Piacci), parere del 27 aprile 2011, n. 48

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 48 del 27 Aprile 2011
- Consiglio territoriale: COA LAquila, delibera (quesito)
Prassi: pareri CNF

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