Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Firenze ha posto i seguenti quesiti: a) se il COA, tramite la Commissione locale di cui dispone, sia competente ad accreditare gli eventi formativi a rilevanza locale, sia che si tratti di eventi di aggiornamento, di cui all’art. 3, comma 1, del Regolamento C.N.F. n. 6/2014, sia che si tratti degli eventi di formazione previsti dall’art. 3, comma 3 del Regolamento anzidetto; b) se il COA, direttamente ovvero per il tramite di Fondazione dal medesimo istituita, possa sia organizzare e gestire direttamente eventi formativi, sia promuovere eventi organizzati da terzi; c) se le entrate derivanti dal versamento delle quote individuali di partecipazione agli eventi formativi organizzati e gestiti dal COA, ovvero da Fondazione dal medesimo istituita, debbano essere gravati da I.V.A..

La Commissione richiama preliminarmente le seguenti disposizioni.
L’art. 16, comma 2, del Regolamento succitato attribuisce al CNF la competenza all’accreditamento “per le attività formative di cui all’art. 3, comma 3, per gli eventi a rilevanza nazionale, gli eventi seriali, le FAD, …”.
Il successivo comma 3, invece, riconosce al COA la competenza all’accreditamento “per le attività formative di cui all’art. 3, commi 1 e 2, per gli eventi a rilevanza locale”.
Va rilevato che la mancanza del richiamo, nel comma 3 dell’art. 16, dell’attività di formazione, di cui all’art. 3, comma 3, consente di ritenere che:
Il CNF sia competente, in via esclusiva, per l’accreditamento dell’attività di formazione (art. 3, comma 3) e per tutti gli eventi, sia di aggiornamento che di formazione, a rilevanza nazionale;
Il COA, invece, abbia competenza all’accreditamento per le attività formative di aggiornamento (art. 3, commi 1 e 2) a rilevanza locale.
Nei termini anzidetti va quindi reso il parere con riferimento al quesito sub a).
Alla luce di quanto sopra esposto, il quesito sub b) va esaminato avendo anche a mente i contenuti degli artt. 8 e 9 del Regolamento. L’art. 8, infatti, prevede che l’attività di formazione continua venga svolta dai COA “anche tramite fondazioni a tal fine costituite”, mentre il successivo art. 9 contempla la possibilità che, “nel rispetto delle prescrizioni” regolamentari, le attività formative vengano svolte anche da soggetti pubblici o privati.
Ne consegue che l’attività diretta, o tramite Fondazione apposita, da parte del COA potrà concernere gli eventi di cui all’art. 3 fermo restando la competenza del C.N.F. ad accreditare gli eventi di cui al comma 3 dell’art. 3 come  specificato nella risposta al quesito sub a).  Il COA, peraltro, potrà promuovere eventi organizzati da terzi previo accreditamento, nei limiti dianzi tracciati, dell’evento medesimo.
In merito al terzo quesito, la Commissione ha richiesto parere alla Commissione per le problematiche tributarie, istituita in seno al CNF. Ricevuto il parere, la Commissione ritiene di farlo integralmente proprio, incorporandone pertanto il testo al presente parere:

1. Il COA di Firenze ha sottoposto al Consiglio Nazionale la questione circa il regime fiscale applicabile alle quote individuali versate dagli avvocati per partecipare agli eventi formativi organizzati e gestiti dai COA.
In particolare, il COA ha sollevato il dubbio dell’eventuale soggezione delle predette quote al trattamento IVA, attesa la disposizione speciale contenuta nell’art. 11 comma 4 della legge 247/12, secondo cui l’attività di formazione svolta dagli Ordini territoriali anche in cooperazione o convenzione con altri soggetti “non costituisce attività commerciale e non può avere fini di lucro”.
La perplessità del COA è legittima ma è parere della Commissione che il versamento delle quote sia fuori campo Iva per le ragioni di seguito riassunte.
I presupposti delle operazioni imponibili sono oggettivi e soggettivi; il terzo requisito è costituito dalla territorialità (art. 1 dpr n. 633/72).
Nella ricorrenza di tutti i presupposti le operazioni di cessione dei beni e prestazioni di servizi devono ritenersi imponibili.
Accanto a queste operazioni esistono quelle non imponibili ed esenti che, pur non soggette all’addebito del tributo, devono essere formalizzate ai fini Iva (permangono, infatti, in questi due casi gli obblighi di fatturazione, registrazione e dichiarazione).
Ai nostri fini l’attenzione va concentrata sui due primi presupposti, segnatamente sulla prestazione di servizi e sull’esercizio di imprese, nel senso che l’esclusione dell’attività di formazione dal perimetro delle attività commerciali disposta dall’art. 11 L. 247712 va confrontata, ai fini della risposta al quesito, con la disciplina contenuta negli artt. 3 e 4 del decreto Iva.
2. La legge Iva non contiene la definizione di prestazioni di servizi (art. 3) – a differenza di quanto fa l’art. 23 della direttiva CE 2006/112, secondo cui “Si considera prestazione di servizi ogni operazione che non costituisce cessione di beni” – bensì le qualifica in derivazione della genesi contrattuale del loro oggetto (“Costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, mandato….e in genere da obbligazioni di fare o di non fare e di permettere qualunque sia la fonte.”).
L’elencazione della tipologia dei contratti è solo esemplificativa, in quanto il richiamo degli obblighi di fare o di non fare è norma di chiusura idonea a ricomprendere ogni diversa ipotesi diversa dalla cessione di beni – di qui il carattere servente delle prestazioni di servizi rispetto alla cessione di beni – compresi, secondo la dottrina tributaria, l’atto amministrativo o il comando giurisdizionale che li imponga.
Quindi, astrattamente l’attività formativa potrebbe rientrare in questa categoria di prestazioni di servizi ma in via del tutto residuale ed ermeneutica.
Delle prestazioni latamente “didattiche” si occupa, invece, in modo specifico il successivo art. 10 n. 20 del decreto IVA – rubricato “Operazioni esenti dall’imposta” che, come più sopra illustrato, non soggiacciono all’imposizione ma lasciano salvi gli adempimenti formali – a mente del quale sono esenti dall’imposta “ le prestazioni educative dell’infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni genere, anche per la formazione, l’aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale, rese da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni e da Onlus”.
In base a questa disposizione, in passato l’Agenzia delle Entrate – in risposta all’interpello formulato dal presidente di un Ordine forense volto a conoscere se il versamento delle quote per partecipare ai corsi di formazione per mediatori professionisti previsti dal D.M. 23.7.2004 n. 222 scontasse o meno il tributo – con la Ris. N. 47 del 18 aprile 2011 ha affermato che i proventi derivanti dallo svolgimento dei corsi in questione sono assoggettati al regime di esenzione previsto dal citato punto 20) dell’art. 10 del DPR 633/72.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, alla terminologia usata dalla norma “istituti e scuole” deve essere attribuito valore meramente descrittivo, in relazione ai soggetti che normalmente presiedono a tale attività, e non il significato di un’indicazione tassativa di soggetti ammessi a fruire del regime di esenzione.
Anche le disposizioni comunitarie che disciplinano, ai fini Iva, le prestazioni concernenti l’educazione dell’infanzia e della gioventù, l’insegnamento scolastico e universitario, la formazione e riqualificazione professionale, nello stabilire il trattamento di esenzione individuano i soggetti ammessi a tale regime con la generica indicazione di organismi, specificando che essi devono avere natura di diritto pubblico o essere riconosciuti dallo stato come aventi finalità didattiche (Direttiva CE 2006/112 del 28 novembre 2006 art. 132 primo comma lett. i).
La Risoluzione conclude, quindi, in senso favorevole al regime di esenzione, ritenendo soddisfatto il riconoscimento richiesto dal n. 20) dell’art. 10 decreto Iva, trattandosi di corsi autorizzati dal Ministero della giustizia e assoggettai all’attività di controllo e vigilanza dello stesso.
3. La legge 247/12, segnatamente l’art. 11 ha espressamente previsto l’obbligo dell’avvocato di curare l’aggiornamento professionale, obbligo sanzionato in via disciplinare in caso di inadempienza.
La previsione normativa in termini di obbligatorietà dell’aggiornamento, le cui finalità di garanzia della collettività e dei consumatori è sottesa, insieme con la sottrazione della formazione al campo delle attività commerciali (“L’attività di formazione non costituisce attività commerciale”) fa sì che la disciplina fiscale delle quote sia sottratta alla categoria delle esenzioni, al pari di quelle non imponibili, per ricadere nel novero delle operazioni fuori campo Iva.
Questa conclusione va affermata anche alla luce della disposizione del successivo art. 4 decreto n. 633/72 – rubricato Esercizio di imprese – che prende in considerazione anche gli enti pubblici.
Il comma 2 dell’art. 4 contiene la presunzione legale assoluta in base alla quale si considerano” in ogni caso” effettuate nell’esercizio di imprese “…omissis…2) …le prestazioni di servizi fatte da altri enti pubblici e privati…omissis…che abbiano per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole”.
Il successivo comma 4 dell’art. 4 amplia la presunzione legale assoluta stabilendo che per gli enti pubblici individuati dal secondo comma “ che non abbiano per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole, si considerano effettuate nell’esercizio di imprese soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte nell’esercizio di attività commerciali o agricole”, comprese quelle in favore degli associati.
L’avere escluso l’art. 11 comma 4 della legge n. 247/12 l’attività di formazione dal settore delle attività commerciali, vietando che la stessa possa addirittura avere fini di lucro, sottrae la disciplina delle quote versate ai COA per la formazione al campo dell’imposta sul valore aggiunto.
Si vuole in sostanza affermare che, se non fosse stata codificata la previsione della sottrazione dell’attività formativa alla categoria delle attività commerciali, oggi dovremmo confrontarci con la materia delle esenzioni Iva e non con quella delle operazioni fuori campo. Ma così non è.
In conclusione:
L’attività formativa non costituisce né operazione non imponibile né operazione esente ma operazione esclusa dal campo Iva sia per assenza del requisito generale soggettivo che per espressa disposizione di legge.
Consegue, in ulteriore derivazione logico giuridica, che i COA non dovranno neanche adempiere agli obblighi di fatturazione, registrazione, dichiarazione e versamento (né della tenuta delle scritture contabili), ferma restando ovviamente l’indetraibilità dell’Iva corrisposta sulle operazioni passive.

Consiglio nazionale forense (Merli), parere 20 febbraio 2015, n. 6-bis

Quesito n. 467, COA di Firenze

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 6 del 20 Febbraio 2015
- Consiglio territoriale: COA Firenze, delibera (quesito)
Prassi: pareri CNF

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