Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Belluno ha richiesto, con nota pervenuta il 2 dicembre 2013, parere sul seguente quesito: “Se il Consiglio dell’Ordine sia autorizzato al rilascio di dati concernenti i procedimenti disciplinari definiti o pendenti dell’iscritto, richiesti dal difensore di un imputato al fine della produzione degli stessi dati in un procedimento penale”.

Il Consiglio rimettente evidenzia che, in specie, l’iscritto all’Albo riveste la qualità di persona offesa dal reato e parte civile nel processo; dovendosi in tale sede assumere la sua deposizione, l’istante difensore dell’imputato ha giustificato la richiesta di tali informazioni ondi utilizzarle in giudizio per il vaglio di attendibilità del professionista interessato.
Peraltro, il riferito quesito prospetta che le indicazioni richieste al Consiglio territoriale riguardano sia i provvedimenti disciplinari eventualmente irrogati al professionista iscritto, sia i procedimenti disciplinari in corso di svolgimento.
Osserva preliminarmente la Commissione che l’ostensione delle informazioni in questione ricade nell’ambito della disciplina del diritto di accesso alla documentazione amministrativa: l’art. 22. Comma 1 lett. d) della L. 7 agosto 1990 n. 241 (e successive modificazioni ed integrazioni) fornisce una definizione ampia del “documento amministrativo” nella quale rientrano i dati richiesti dall’istante; il comma 4 dello stesso art. 22, infatti, esclude dall’accesso solo “le informazioni in possesso di una pubblica amministrazione che non abbiano forma di documenti amministrativi”.
I provvedimenti disciplinari, in conseguenza della natura di ente amministrativo del Consiglio territoriale, hanno natura di atti pubblici e, pertanto, le sanzioni disciplinari con gli stessi irrogate costituiscono, in via di principio generale, “informazioni” suscettibili di accesso.
La legittimità della divulgazione di notizie concernenti le sanzioni disciplinari subite da un iscritto all’Albo è stata affermata dal Garante per la protezione dei dati personali con la decisione del 29 marzo 2001, con la quale si è precisato che la conoscibilità dei provvedimenti disciplinari si fonda su rilevanti motivi di interesse pubblico connessi anche a ragioni di giustizia, rispetto ai quali non può ritenersi prevalente l’interesse alla riservatezza del singolo professionista sanzionato, ferma restando la necessità che la menzione del provvedimento disciplinare avvenga in modo corretto ed in termini esatti e completi.
Per le sanzioni disciplinari interdittive dell’esercizio professionale (sospensione, anche cautelare, cancellazione e radiazione) già il previgente Ordinamento professionale – art. 46 del R.D.L. n. 1578/1933 – prevedeva un regime di pubblicità (mediante comunicazione agli uffici giudiziari ed affissione nei locali del Consiglio territoriale); la L. n. 247/2012 – abolita la sanzione della cancellazione – ha mantenuto, con l’art. 62, commi 5 e 6, intatto il sistema per le altre. D’altro canto, l’art. 61 del Codice in materia di protezione dei dati personali espressamente contempla la diffusione delle informazioni relative a tali tipologie di misure sanzionatorie.
Questa Commissione, con il parere 24 ottobre 2007 n. 43, ha avuto occasione di osservare che il diritto del professionista alla riservatezza soggiace al criterio di proporzionalità rispetto all’interesse pubblico finalizzato ad esigenze di giustizia ed alla tutela di coloro che, a vario titolo, hanno rapporti con gli iscritti all’Albo.
Ritiene altresì la Commissione che, in applicazione del suddetto criterio proporzionale di contemperamento dei concorrenti interessi pubblico e privato, non possa prescindersi dalla considerazione del ruolo di garanzia che connota la funzione pubblica del Consiglio dell’Ordine, che l’art. 24, comma 3 della L. n. 247/2012 orienta anche alla finalità di tutela dell’utenza; ciò implica che non si configurano ragioni oggettive per precludere l’accesso alle informazioni inerenti ogni tipo di sanzione disciplinare, della quale l’iscritto sia stato destinatario. Mentre le forme di pubblicità prescritte dall’art. 62, commi 5 e 6 della L. n. 247/2012 riguardano l’efficienza dell’attività giudiziaria (sulla quale si riflette la perdita dello ius postulandi da parte del professionista sospeso o radiato), il diritto di accesso ai provvedimenti dell’ente amministrativo – anch’esso comportando una forma diversa di pubblicità – risponde all’esigenza di tutelare situazioni di interesse più ampie, purché motivate, specie in relazione ai requisiti della concretezza e dell’attualità, rispetto all’uso che delle stesse l’istante abbia necessità di fare.
Al quesito del Consiglio rimettente deve, pertanto, darsi risposta positiva relativamente alle sole sanzioni definitive comminate all’iscritto all’Albo, la cui ostensione dovrà realizzarsi nel rispetto della disciplina dettata dagli artt. 3 e 6 del D.P.R. 12 aprile 2006 n. 184. Difatti, a giudizio della Commissione, la particolare natura delle informazioni oggetto, in specie, dell’esercizio del diritto di accesso implica che la sua attuazione si realizzi mediante il procedimento di accesso formale (art. 6 del D.P.R. n. 184/2006), ossia previa istanza scritta e motivata del richiedente e relativa comunicazione della stessa al professionista controinteressato (art. 3 del D.P.R.), onde acquisirne l’eventuale motivata opposizione.
Vanno, invece, ritenute sottratte al diritto di accesso da parte di terzi, le informazioni concernenti i procedimenti disciplinari in corso di svolgimento, i quali devono soggiacere al generale principio di riservatezza dell’azione amministrativa (che nella esplicazione della funzione disciplinare comporta il segreto d’ufficio), in quanto finalizzato anche alla tutela della presunzione di non colpevolezza del professionista perseguito.

Consiglio Nazionale Forense (rel. Berruti), parere 22 gennaio 2014, n 5

Quesito n. 349, COA di Belluno

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 5 del 22 Gennaio 2014
- Consiglio territoriale: COA Belluno, delibera (quesito)
Prassi: pareri CNF

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