L’avvocato non deve alzare inutilmente il livello della conflittualità processuale

Il naturale coinvolgimento emotivo dell’avvocato nel perorare le ragioni del proprio assistito non lo esonera dall’adottare un’accortezza lessicale che, senza mortificare la forza delle argomentazioni difensive, eviti di alzare inutilmente il livello della conflittualità processuale. Infatti, il limite di compatibilità delle esternazioni verbali o verbalizzate e/o dedotte nell’atto difensivo dal difensore con le esigenze della dialettica processuale e dell’adempimento del mandato professionale, oltre il quale si prefigura la violazione dell’art. 52 cdf (già art. 20 codice previgente), va individuato nella intangibilità della persona del contraddittore, nel senso che quando la disputa abbia un contenuto oggettivo e riguardi le questioni processuali dedotte e le opposte tesi dibattute, può anche ammettersi crudezza di linguaggio e asperità dei toni, ma quando la diatriba trascende sul piano personale e soggettivo l’esigenza di tutela del decoro e della dignità professionale forense impone di sanzionare i relativi comportamenti.

Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Magnano), sentenza n. 134 del 18 luglio 2020

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 134 del 18 Luglio 2020 (accoglie) (assoluzione)
- Consiglio territoriale: COA Cagliari, delibera del 12 Settembre 2012 (avvertimento)
Giurisprudenza CNF

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