La semplice iscrizione al Ruolo degli agenti d’affari in mediazione (anche a prescindere dall’effettivo esercizio della relativa attività) è incompatibile con la professione di avvocato

Il primo comma dell’art. 3 r.d.l. n. 1578 del 1933 (conv., con modif., nella legge n. 36 del 1934) distingue espressamente casi di incompatibilità con la professione di avvocato collegati all’esercizio di attività (commercio in nome proprio o altrui, professione di notaio) da altri collegati, invece, all’assunzione di una determinata qualità, tra cui quella di mediatore; pertanto, la semplice iscrizione al Ruolo degli agenti d’affari in mediazione – anche a prescindere dall’effettivo esercizio della relativa attività – è incompatibile con la professione di avvocato e comporta, se non rimossa, la cancellazione dall’Albo ai sensi dell’art. 37, n. 1, r.d.l. cit., senza che rilevi, in contrario, l’art. 10 del codice deontologico forense – a mente del quale l’avvocato non deve porre in essere attività (commerciale o) di mediazione – trattandosi di norma attinente alla materia disciplinare, e non dell’incompatibilità; nè, manifestamente, la menzionata disposizione dell’art. 3 r.d.l. n. 1578 del 1933, come sopra interpretata, contrasta con i principi di cui all’art. 3 Cost. (sotto il profilo della disparità di trattamento degli avvocati rispetto ai notai, per i quali l’incompatibilità è stabilita con l’esercizio dell’attività di mediazione, e non con la semplice iscrizione al Ruolo) e all’art. 9 Cost. (sotto il profilo della ingiustificata preclusione, per l’avvocato, del riconoscimento di una preparazione tecnica da parte della P.A., nel che si sostanzierebbe l’iscrizione al Ruolo predetto), atteso che – quanto al primo profilo – ciascun ordinamento professionale reca con sè elementi differenziatori che giustificano razionalmente anche diversità di disciplina, e che – quanto al secondo – dall’iscrizione al Ruolo degli agenti d’affari in mediazione derivano soprattutto effetti di grande rilievo sul piano professionale ed economico, essendo essa necessaria per l’insorgenza del diritto alla provvigione, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 39 del 1989.

Cassazione Civile, sez. U, sentenza del 17 novembre 2005, n. 23239- Pres. Corona R- Rel. Bonomo M- P.M. Palmieri R (Diff.) – Bazzacco c. Ord. Avv. Trib. Treviso ed altro

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