Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili richiede se il CNF abbia mutato orientamento (rispetto a quanto espresso nel proprio parere n. 64 del 2016) in ordine alla partecipazione di un avvocato ad una Società tra Professionisti ex Lege n. 183/2011.

Ebbene, con il precedente parere n. 64 del 2016, il CNF ebbe modo di evidenziare sotto il profilo sostanziale quanto segue.
(i) Innanzitutto, l’art. 18, comma 1, lett. c) della Legge n. 147/2012, sancisce che la professione di avvocato è incompatibile “con la qualità di socio illimitatamente responsabile o di amministratore di società di persone, aventi quale finalità l’esercizio di attività di impresa commerciale, in qualunque forma costituite, nonché con la qualità di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, anche in forma cooperativa, nonché con la qualità di presidente di consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione. L’incompatibilità non sussiste se l’oggetto della attività della società è limitato esclusivamente all’amministrazione di beni, personali o familiari, nonché per gli enti e consorzi pubblici e per le società a capitale interamente pubblico”; di qui, la conseguenza per cui l’avvocato può detenere partecipazioni societarie, ma gli è inibito, tranne nelle ipotesi eccezionali previste, l’esercizio di attività propriamente gestorie all’interno delle medesime collettività organizzate;
(ii) con riguardo, invece, al diverso tema relativo all’esercizio dell’attività professionale forense in forma societaria, venne precisato che “allo stato attuale l’esercizio della professione forense non è consentito a società multidisciplinari (per tali intendendo quelle che hanno ad oggetto attività professionali riservate a differenti professioni regolamentate, quali ad esempio, quelle che l’ordinamento riserva ai dottori commercialisti e agli avvocati)”, nel senso che “la società multidisciplinare di cui al quesito non può, in ogni caso, esercitare la professione forense, salva restando la possibilità per un avvocato di parteciparvi, ma senza per essa poter svolgere la tipica e riservata attività forense”.
Tali conclusioni possono essere anche oggi confermate anche all’esito dell’introduzione dell’art. 4-bis della Legge n. 247/2012 (norma inserita dall’ art. 1, comma 141, lett. b, L. 4 agosto 2017, n. 124, previa espressa abrogazione espressa dell’art. 5 della legge professionale che conteneva la delega legislativa al Governo per la disciplina dell’esercizio della professione forense in forma societaria, delega poi scaduta).
Ebbene, quanto alle incompatibilità, rimanendo pur sempre ferma la possibilità che l’avvocato detenga partecipazioni societarie, si ribadisce che, alla luce della normativa in vigore l’assunzione di una carica gestoria in una società è compatibile con la professione forense solo laddove, ai sensi del citato art. 18, comma 1, lett. c), l’attività della società amministrata dall’avvocato sia limitata alla sola “amministrazione di beni, personali o familiari”. Ne deriva che l’incompatibilità afferisce all’esercizio dell’attività gestoria derivante dal proprio ruolo all’interno di una determinata società.
Quanto, invece, all’esercizio della professione forense a mezzo di società, il citato art. 4-bis della Legge n. 247/2012 consente la costituzione di società tra avvocati (STA) e, dunque, ammette l’esercizio in forma societaria della professione forense mercé l’utilizzo dei modelli societari tipizzati all’interno del codice civile (società di persone, di capitali o cooperative). Inoltre, la norma, tra l’altro, prevede che: – la maggioranza dei membri dell’organo di gestione debba essere composta da soci avvocati; – i componenti dell’organo di gestione non possano essere estranei alla compagine sociale; – i soci professionisti possono rivestire la carica di amministratori. Ne deriva che la funzione gestoria delle STA è propriamente appannaggio degli avvocati, sicché, nonostante si tratti di un’attività gestoria societaria, essa è pienamente funzionale all’attività forense e, dunque, non è naturalmente ricompresa nel regime di incompatibilità prescritto all’art. 18, comma 1, lett. c) della Legge n. 247 del 2012.
Insomma, in materia di STA vengono prescritte una serie di regole – di carattere speciale – volte a contemperare la forma societaria con l’attività legale e con il servizio di rilievo sociale sotteso al ruolo dell’avvocato; in particolare, la STA (anche a r.l. o p.a. unipersonale) è uno strumento organizzativo (tipico e speciale) immaginato allo scopo di agevolare l’esercizio dell’attività forense, che deve lasciare intatta la personalità della prestazione professionale e preservare la riserva dell’attività di assistenza giudiziaria in capo agli avvocati.
Trattasi certamente di una normativa speciale che prevale sulla (anteriore e) generale disposizione della L. n. 183 del 2011, art. 10 e sulla parimenti speciale, ma anteriore, disciplina di cui al D.Lgs. n. 96 del 2001, artt. 16 e ss. (che pure aveva introdotto la fattispecie dell’esercizio in forma societaria dell’attività forense). D’altronde, in tal senso si è sostanzialmente espressa anche la Suprema Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, affermando che: “Dal 1.1.2018 l’esercizio in forma associata della professione forense è regolato dalla L. n. 247 del 2012, art.4-bis (inserito dalla L. n. 124 del 2017, art. 1, comma 141, e poi ulteriormente integrato dalla L. n. 205 del2017), che – sostituendo la previgente disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 96 del 2001, artt. 16 e ss. – consente la costituzione di società di persone, di capitali o cooperative i cui soci siano, per almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, avvocati iscritti all’albo, ovvero avvocati iscritti all’albo e professionisti iscritti in albi di altre professioni, società il cui organo di gestione deve essere costituito solo da soci e, nella sua maggioranza, da soci avvocati” (Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 19 luglio 2018, n. 19282).
L’esercizio dell’attività forense in forma societaria è riservata in via esclusiva, dunque, alle STA (ex art. 4-bis della Legge n. 247/2012); non è, pertanto, consentito alle società multidisciplinari esercitare l’attività forense in forma societaria; ciononostante, è possibile, fermi i limiti correlati alle incompatibilità di cui all’art. 18 Legge n. 247/2012, che un avvocato partecipi ad una Società tra Professioni multidisciplinare ex L. n. 183/2011, senza però poter comunque esercitare all’interno di tali società la tipica e riservata attività forense.

Consiglio nazionale forense, parere 15 dicembre 2022, n. 49

Prassi: pareri CNF

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