Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia ha formulato il seguente quesito: “Se l’avvocato che ha difeso d’ufficio il cliente nel giudizio di primo grado possa agire per il pagamento dell’onorario maturato in tale giudizio o se debba attendere per tale incombente l’esito del giudizio di appello e altresì se possa chiedere di essere sostituito nella difesa di ufficio in appello per effetto di incompatibilità da contrasto sul regolamento dell’onorario.”.

E’ preliminare un’osservazione.

Così come risulta letteralmente posto, il chiedersi se il difensore di ufficio possa o meno agire per pagamento delle competenze maturate in primo grado prima che si concluda il giudizio in appello appare sostanzialmente ininfluente: dovremmo rispondere “certamente si”, atteso che l’art. 31 delle disp. att. c.p.p. prevede che “l’attività del difensore di ufficio è in ogni caso retribuita” e che il successivo art. 32, poi, esenta da “bolli, imposte e spese” le azioni legali “intraprese per il recupero dei crediti professionali vantati dai difensori d’ufficio”.
Nessuna condizione viene quindi posta ai difensori di ufficio per la tutela del diritto a veder remunerare la propria opera professionale e, per tale ragione, nulla potrebbe ostare a che, pendendo il giudizio di appello, il difensore di ufficio chieda il pagamento degli onorari maturati nel corso del giudizio di primo grado.
Il quesito, però, va sicuramente letto ed interpretato in termini più compiuti: l’interrogativo del COA di Reggio Emilia, infatti, acquista significato qualora si presupponga che il difensore di ufficio del procedimento di appello sia il medesimo del procedimento di primo grado.
Nell’ipotesi anzidetta, due sono le ulteriori norme alle quali avere riguardo, oltre ai già menzionati artt. 31 e 32 disp. att. c.p.p.: l’art. 46 del cod. deont. e l’art. 97 c.p.p.. La prima, infatti, prescrive che la rinuncia al mandato debba precedere l’esercizio dell’azione legale svolta dal difensore a tutela delle competenze professionali, mentre la seconda ha introdotto nell’ordinamento il principio dell’immutabilità del difensore di ufficio, consentendone la sostituzione solo (5° comma) per giustificato motivo.
Ci si deve quindi chiedere se il mancato pagamento delle competenze costituisca il “giustificato motivo” contemplato dall’art. 97 c.p.p..
La risposta consegue, ad avviso della Commissione, dal necessario contemperamento delle previsioni recate dai dianzi richiamati artt. 31 e 32 delle disp. att. c.p.p. con l’eccezione al principio di immutabilità del difensore di ufficio, consentita dall’eventuale sopravvenire di un giustificato motivo.
In tal senso, deve ritenersi che la lesione del diritto del difensore di ufficio ad essere retribuito impedisce di ritenere che sussista, in capo al medesimo, il contrastante dovere di tollerare di non essere retribuito (fino a quanto, poi?). Detta eventualità, di conseguenza, potrà essere da lui ritenuta quel “giustificato motivo” che, ex art. 97, 5° comma, c.p.p., consente di instare per la sostituzione.
A fronte del suddetto orientamento non militano, ad avviso della Commissione, considerazioni di carattere avverso, atteso che la nomina di un nuovo difensore, che assicuri il diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost., risulta regolata e tutelata dall’art. 29 disp. att. c.p.p..
Al quesito posto dal COA di Reggio Emilia si potrà perciò dare la seguente risposta:
L’avvocato di ufficio ha diritto ad essere retribuito ed a tutelare in giudizio il proprio conseguente credito ai sensi degli artt. 31 e 32 disp. att. c.p.p.. Peraltro, qualora intenda agire per il pagamento delle competenze relative all’opera svolta in primo grado, dovrà rispettare la previsione recata dall’art. 46 del codice deontologico forense, secondo la quale l’avvocato può agire giudizialmente nei confronti del cliente previa rinuncia al mandato. Per tale ragione, in ottemperanza all’art. 97, 5° comma, c.p.p., dovrà chiedere al Giudice di essere sostituito per il giustificato motivo, sopravvenuto, costituito dal mancato pagamento della retribuzione dovutagli per legge.
Nell’esercizio della discrezionalità che la succitata norma implicitamente prevede, stante la natura sostanzialmente “un bianco” del cosiddetto giustificato motivo, il Giudice deciderà se accogliere, o meno, la richiesta. In caso negativo, l’avvocato d’ufficio dovrà continuare a svolgere l’incarico ed ovviamente astenersi, onde evitare l’insorgere di un procedimento disciplinare nei suoi confronti, di agire giudizialmente nei confronti dell’assistito per ottenere il pagamento delle competenze dovutegli.

Consiglio Nazionale Forense (rel. Merli), parere del 14 luglio 2011, n. 68

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 68 del 14 Luglio 2011
- Consiglio territoriale: COA Reggio Emilia, delibera (quesito)
Prassi: pareri CNF

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