Il COA di Bologna chiede se possa un avvocato addetto all’ufficio legale di un ente pubblico svolgere la propria attività professionale, di assistenza giudiziale e stragiudiziale, in favore di enti diversi da quello di appartenenza, ma a questo legati da apposita convenzione.

In risposta al quesito posto, dopo ampia discussione, ritiene la Commissione di doversi pronunciare nel modo seguente.
Si deve premettere, quanto alla norma cui fa riferimento il quesito posto, che il D. Lgs. n. 165/2001 (Ordinamento lavoro dipendenti Amministrazioni Pubbliche) all’art. 12 prevede che più amministrazioni omogenee o affini, nell’organizzazione della gestione del contenzioso del lavoro, possano istituire mediante convenzione un unico ufficio per la gestione di tutto o parte del contenzioso comune.
Analoghe disposizioni sono contenute, peraltro non limitatamente al contenzioso del lavoro, nel D. Lgs. n. 267/2000, all’art. 30 e nella Legge n. 244/2007 (Finanziaria 2008), all’art. 2, co.12, per i quali “… gli enti locali… possono istituire, mediante apposite convenzioni, … uffici unici di avvocatura per lo svolgimento dell’attività di consulenza legale, difesa e rappresentanza in giudizio degli enti convenzionati”.
Per quel che riguarda l’attività degli avvocati degli enti pubblici, la disciplina in vigore prima della nuova legge professionale, stabilendo all’art. 3, co. 2, del R.D. n. 1578 del 1933, l’incompatibilità dell’esercizio della professione forense con la qualità di lavoratore dipendente, escludeva al successivo c. 4, lettera b) la sussistenza di tale incompatibilità per i dipendenti di enti pubblici inseriti in autonomi uffici legali istituiti presso gli stessi enti ed iscritti nell’elenco speciale tenuto presso l’Ordine, limitatamente “a quanto concerne le cause e gli affari propri dell’ente presso il quale prestano la loro opera”. Tale norma, di carattere eccezionale e dunque di stretta interpretazione (Cass. SS.UU. 14 marzo 2002, n. 3733) è sempre stata interpretata dalla Suprema Corte nel senso che gli avvocati iscritti negli elenchi speciali debbano svolgere la loro attività presso uffici legali istituiti presso gli enti pubblici con carattere di autonomia e separatezza rispetto agli altri uffici e che il loro jus postulandi sia limitato alle cause ed agli affari propri dell’ente pubblico di cui sono dipendenti, dovendosi sempre tenere per regola generale quella dell’irrinunciabile esigenza dell’autonomia di giudizio e d’iniziativa degli avvocati, normalmente garantita dall’esercizio della professione in forma libera (tra le altre, Cass. SS.UU. 19 agosto 2009, n. 18359; 10 novembre 2000, n. 1164; 19 giugno 2000, n. 450; 6 giugno 2000, n. 418; 18 maggio 2000, n. 363).
La nuova legge professionale (legge n. 247/2012), all’art.23, ha dettato con riferimento agli avvocati degli enti pubblici regole nella sostanza identiche a quelle in precedenza vigenti.
La formulazione del quesito del COA di Bologna fa intendere che, attraverso una convenzione, due Amministrazioni Pubbliche vorrebbero istituire “un Ufficio Legale comune, affidato ad un Avvocato iscritto nell’Elenco Speciale nel rispetto dell’art. 23 della legge forense” non solo per “risparmiare e razionalizzare risorse”, ma anche per gestire in modo omogeneo “procedure ed attività a supporto delle tre direzioni aziendali”.
Ritiene questa Commissione che l’iniziativa della creazione di un ufficio legale comune a diversi enti pubblici convenzionati che ne sopportino l’impegno e i costi di organizzazione e al cui interno gli avvocati iscritti nell’elenco speciale svolgano la loro attività sempre, come vuole la legge, limitatamente alle cause ed agli affari propri dell’ente da cui dipendono, risponda perfettamente alla previsione delle leggi sopra citate. Deve peraltro essere tenuto ben presente che l’attività professionale degli avvocati iscritti negli elenchi speciali incardinati presso questo Ufficio dovrà essere svolta con carattere di autonomia e separatezza rispetto agli altri uffici degli enti coinvolti e che il loro jus postulandi dovrà essere limitato alle cause ed agli affari propri dell’ente pubblico di cui sono dipendenti.
In altri termini, la facoltà che la legge assegna alle Amministrazioni Pubbliche in ordine all’istituzione di Uffici Legali comuni, allo scopo di rendere maggiormente efficace l’organizzazione e la gestione dell’attività di assistenza legale, non può far derogare alla norma, come si è sopra detto di carattere eccezionale e dunque di stretta interpretazione, che l’attività di difesa in giudizio è consentita solo entro i limiti “della trattazione esclusiva e stabile degli affari dell’ente”, secondo il dettato dell’art. 23 della Legge 247/2012.

Consiglio nazionale forense (rel. Allorio), parere 16 marzo 2016, n. 26

Quesito n. 77, COA di Bologna

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 26 del 16 Marzo 2016
- Consiglio territoriale: COA Bologna, delibera (quesito)
Prassi: pareri CNF

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