I limiti alla “pubblicità” professionale (dopo il c.d. Decreto Bersani)

L’introduzione nel nostro ordinamento della normativa nota come Bersani non ha consentito una pubblicità indiscriminata ma solo ed esclusivamente la diffusione di specifiche informazioni sull’attività, sui contenuti, sui prezzi e le altre condizioni di offerta dei servizi professionali, al fine di orientare razionalmente le scelte di colui che ricerchi assistenza, nella libertà di fissazione del compenso e della modalità del suo calcolo. Tale libertà di informazione deve peraltro esplicarsi con modalità di diffusione che non si pongano in contrasto con la peculiarità e la specificità della professione forense, in virtù della sua funzione sociale, caratteristiche che impongono le limitazioni connesse alla dignità e al decoro delle professioni: ne consegue che il disvalore deontologico risiede negli strumenti usati per l’acquisizione della clientela, che non devono essere alcuno di quelli tipizzati in via esemplicativa nei canoni complementari dell’art. 19 CDF, non devono concretizzarsi nella intermediazione di terzi (agenzie o procacciatori) né, più genericamente, esplicarsi in modi non conformi alla correttezza e al decoro.

Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Vermiglio, Rel. Tacchini), sentenza del 29 novembre 2012, n. 170

NOTA:
In senso conforme, tra le altre, CNF n. 39/2012.

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 170 del 29 Novembre 2012 (respinge) (avvertimento)
- Consiglio territoriale: COA Brindisi, delibera del 11 Gennaio 2010 (avvertimento)
Giurisprudenza CNF

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