Avvocato – Tenuta degli albi – Dipendente pubblico – Impiego part time – Incompatibilità ex l. n. 339/2003 – Cancellazione – Questione di legittimità costituzionale – Manifesta infondatezza – Violazione diritti quesiti – Insussistenza – Violazione art. 16 r.d.l. n. 1578/1933 – Esclusione – Principi comunitari in materia di concorrenza – Irrilevanza – Disapplicazione – Esclusione

Va esclusa l’Illegittimità del provvedimento di cancellazione dall’albo del dipendente pubblico part-time derivante dall’asserita illegittimità costituzionale dell’art. 2 L. n. 339/03, per contrasto con gli artt. 3, 4, 35 comma 1, e 41 Cost. e con i principi della sicurezza giuridica e della tutela del legittimo affidamento, nonché dell’art. 1 della stessa legge per la mancata previsione di norma transitoria che tuteli i diritti quesiti, atteso che non esiste nel nostro ordinamento un principio di carattere generale, tanto più costituzionalmente presidiato, che garantisca la stabilità effettuale della situazione normativa a cospetto della quale un soggetto abbia eventualmente esercitato i suoi diritti, diversamente negandosi in nuce il potere discrezionale del legislatore di modificare il regime normativo preesistente e le aspettative (non i diritti) di tutela dei professionisti già iscritti agli Albi al momento della reintroduzione dell’originario divieto, considerata, altresì, la previsione di un regime di doppia tutela, predisposto dal citato art. 2 ai commi 2 e 4, idoneo a realizzare appieno il bilanciamento dei contrapposti interessi.
La disciplina posta dalla legge n. 339/03, che si occupa di un problema di regolamentazione del pubblico impiego, si riferisce propriamente alla Pubblica Amministrazione ed alle modalità di esercizio di funzioni pubbliche e non tanto all’ordinamento della professione di avvocato, il quale rimane intatto nei suoi principi. Va pertanto esclusa la possibilità di disapplicare la suddetta normativa, e conseguentemente annullare il provvedimento di cancellazione adottato in applicazione della stessa, per asserita contrarietà della stessa con il Trattato istitutivo della Comunità Europea sotto il profilo, estraneo alla suddetta disciplina, della concorrenza tra imprese.
La cancellazione dall’Albo degli avvocati disposta a seguito della sopraggiunta incompatibilità ex lege n. 339/03, inesistente al momento dell’iscrizione, non vizia il provvedimento adottato per asserito contrasto con l’art. 16 del r.d.l. n. 1578/1933. Tale norma, invero, non consente unicamente la mera revisione dell’originario provvedimento di iscrizione con riferimento alla situazione esistente al momento in cui essa è stata effettuata senza che rilevino successive modificazioni in fatto e in diritto, atteso che una siffatta interpretazione si fonda sul non condivisibile assioma dell’immodificabilità, anche in via legislativa, dello status professionale acquisito, che risulta tanto più incoerente se si considera che l’incompatibilità prevista dalla legge n. 339/2003, conseguendo all’inapplicabilità della legge n. 662/1996 riguardo alla professione forense, altro non fa che ripristinare l’originario divieto, ovvero il preesistente regime di generale ed assoluta incompatibilità dell’attività forense con la titolarità di uffici pubblici, ancorché ricoperti con rapporto a part time ridotto. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Agrigento, 28 giugno 2007).

Consiglio Nazionale Forense (pres. ALPA, rel. BAFFA), sentenza del 23 ottobre 2010, n. 131

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 131 del 23 Ottobre 2010 (respinge)
- Consiglio territoriale: COA Agrigento, delibera del 28 Giugno 2007
Giurisprudenza CNF

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