Avvocato – Norme deontologiche – Principi generali – Doveri di competenza e diligenza – Attività priva di legittimazione – Violazione.

Pone in essere una palese e grossolana violazione del dovere di competenza l’avvocato che, senza essersi preventivamente costituito in giudizio, svolga in pendenza di questo attività processualmente rilevante, quale quella di revoca e nomina dei consulenti tecnici di parte, in forza di due mandati ad litem idonei ad assumere una qualche rilevanza nel solo rapporto interno tra cliente e professionista ma certo inidonei a soddisfare i requisiti di cui all’art. 83 c.p.c.
Competenza e diligenza costituiscono presupposti impliciti dell’attività professionale. Mentre la diligenza, espressamente richiamata anche dalle norme sul mandato, assicura la qualità della prestazione dovuta, la competenza tende ad affermare la legittimazione specifica dell’attività professionale richiesta dalla parte assistita. E se l’avvocato che svolge il mandato con incuria e mancanza di attenzione viola il principio fondamentale della deontologia forense, intesa come “scienza del dovere” ovvero come “etica professionale”, il riferimento alla “adeguata competenza” contenuto nell’art. 12 del c.d.f. consente una valutazione della capacità sostanziale usata dal professionista nei confronti del cliente. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Lucca, 19 settembre 2008).

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. VERMIGLIO, rel. BONZO), sentenza del 18 giugno 2010, n. 43

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 43 del 18 Giugno 2010 (respinge)
- Consiglio territoriale: COA Lucca, delibera del 19 Settembre 2008
Giurisprudenza CNF

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