Avvocato e procuratore – Tenuta albi – Associazione professionale – Utilizzo nella denominazione del nome del fondatore anche dopo il suo decesso – Inesistenza del pericolo di confusione da parte di terzi – Liceità.

Una associazione costituita tra esercenti la professione forense deve obbligatoriamente assumere la denominazione «studio legale» e menzionare il nome e cognome degli associati, con l’indicazione dei relativi titoli abilitanti all’esercizio della professione; ciò non esclude, tuttavia, che a questi elementi obbligatori possano accompagnarsi elementi indicativi che non siano in contrasto con le finalità della legge. Infatti, mentre non sarebbe lecito adottare nomi di fantasia eventualmente evocativi di allettanti prospettive o fare uso di elementi capaci di indurre in errori i terzi, non lede gli interessi tutelati dalla legge, ed è pertanto lecita, la conservazione nella denominazione del nome del fondatore anche dopo il suo decesso, purché sia stata espressamente consentita e purché venga attuata con modalità tali da escludere il pericolo di equivoci o di confusione da parte dei terzi (nel caso di specie, poiché alla non esistenza in vita del fondatore veniva data adeguata evidenza, indicandone il nome con la data di nascita e di morte e separandolo graficamente da quello degli associati esercenti in atto, il comportamento di questi ultimi è stato ritenuto lecito dal Consiglio nazionale forense). (Accoglie ricorso contro decisione Consiglio Ordine Roma, 19 dicembre 1988).

Consiglio Nazionale Forense (pres. Grande Stevens, rel. Landriscina), sentenza del 28 febbraio 1992, n. 51

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 51 del 28 Febbraio 1992 (accoglie)
- Consiglio territoriale: COA Roma, delibera del 19 Dicembre 1988
Giurisprudenza CNF

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