Responsabilità disciplinare: la mera “culpa in vigilando” non esclude la sussistenza dell’elemento psicologico

La responsabilità del professionista ai fini dell’addebito dell’infrazione disciplinare non necessita di cosiddetto dolo specifico e/o generico, essendo sufficiente la volontarietà con cui l’atto è stato compiuto ovvero omesso, anche quando questa si manifesti in un mancato adempimento all’obbligo di controllo del comportamento dei collaboratori e/o dipendenti. Il mancato controllo costituisce piena e consapevole manifestazione della volontà di porre in essere una sequenza causale che in astratto potrebbe dar vita ad effetti diversi da quelli voluti, che però ricadono sotto forma di volontarietà sul soggetto che avrebbe dovuto vigilare e non lo ha fatto (Nel caso di specie, la collaboratrice di studio aveva modificato la copia del verbale di udienza).

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Labriola), sentenza del 28 dicembre 2018, n. 220

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 220 del 28 Dicembre 2018 (accoglie) (avvertimento)
- Consiglio territoriale: COA Palermo, delibera del 04 Marzo 2010 (censura)
Giurisprudenza CNF

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