Le espressioni sconvenienti od offensive non sono scriminate dalla provocazione altrui né dalla reciprocità delle offese

L’avvocato ha il dovere di comportarsi, in ogni situazione (quindi anche nella dimensione privata e non propriamente nell’espletamento dell’attività forense), con la dignità e con il decoro imposti dalla funzione che l’avvocatura svolge nella giurisdizione (art. 5 c.d.f., ora 9 ncdf) e deve in ogni caso astenersi dal pronunciare espressioni sconvenienti od offensive (art. 20 c.d.f., ora 52 ncdf), la cui rilevanza deontologica non è peraltro esclusa dalla provocazione altrui, né dalla reciprocità delle offese, né dallo stato d’ira o d’agitazione che da questa dovesse derivare, non trovando applicazione in tale sede l’esimente prevista dall’art. 599 c.p.

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Calabrò), sentenza n. 49 del 16 luglio 2019

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 49 del 16 Luglio 2019 (respinge) (sospensione)
- Consiglio territoriale: COA Milano, delibera del 03 Marzo 2014 (sospensione)
Giurisprudenza CNF

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