L’accusa (infondata) di porre in essere “atteggiamenti intimidatori”

Ai fini della sussistenza dell’illecito disciplinare, è sufficiente la volontarietà del comportamento messo in atto dall’incolpato, sicché, sotto il profilo soggettivo, è sufficiente la “suitas” della condotta, intesa come volontà consapevole dell’atto che si compie, dovendo la coscienza e volontà essere interpretata in rapporto alla possibilità di esercitare sul proprio comportamento, un controllo finalistico e, quindi, di dominarlo. L’evitabilità della condotta delinea, pertanto, la soglia minima della sua attribuibilità al soggetto, intesa come appartenenza della condotta al soggetto, con la conseguenza che non è rilevante l’intenzione o meno di offendere, diffamare o ingiuriare, né è necessaria la consapevolezza dell’illegittimità dell’azione, ma, è sufficiente la condotta tenuta dall’incolpato e la sua volontarietà (Ne caso di specie, l’incolpato aveva rivolto al Collega, che lo aveva denunciato al COA, l’accusa di porre in essere “atteggiamenti intimidatori”. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio professionale per mesi sei).

Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Neri), sentenza del 30 settembre 2013, n. 168
NOTA:
In senso conforme, tra le altre, C.N.F. n. 155/2010, C.N.F. n. 196/2010, C.N.F. n. 112/2011.

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 168 del 30 Settembre 2013 (respinge) (sospensione)
- Consiglio territoriale: COA Bologna, delibera del 28 Ottobre 2009 (sospensione)
Giurisprudenza CNF

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