La sentenza penale di prescrizione del reato non impone il proscioglimento dell’incolpato in sede disciplinare

La sentenza penale di condanna divenuta definitiva, ex art. 653 c.p.p., ha efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso (pur restando di competenza del giudice disciplinare verificare se il comportamento accertato sia deontologicamente sanzionabile). Priva di corrispondenti effetti è, invece, la sentenza di assoluzione, giacché un fatto commesso dall’imputato ma ciononostante ritenuto privo di conseguenze penali può comunque mantenere rilievo disciplinare, specie nel caso di proscioglimento dell’imputato per prescrizione del reato, ovvero per impossibilità di assoluzione nel merito ex art. 129 c.p.p.

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Sica), sentenza n. 28 del 6 maggio 2019

NOTA:
In senso conforme, Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Picchioni), sentenza n. 8 del 3 aprile 2019. Sulla necessaria produzione di corrispondenti effetti in sede disciplinare, nel caso di assoluzione penale “perché il fatto non sussiste” o “perché l’imputato non lo ha commesso”, cfr. Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Salazar, rel. Neri), sentenza del 25 maggio 2015, n. 70 e, rispettivamente, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Salazar, rel. Neri), sentenza del 30 maggio 2014, n. 72.

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 28 del 06 Maggio 2019 (respinge) (censura)
- Consiglio territoriale: COA Lecce, delibera del 03 Dicembre 2014 (censura)
Giurisprudenza CNF

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