La rilevanza deontologica di un comportamento prescinde dalla sua eventuale liceità civile o penale

In tema di frasi sconvenienti o offensive (art. 52 ncdf, già art. 20 cdf), il giudice della disciplina, indipendentemente dalla valutazione che ne può dare il giudice del merito in ambito penale o civile circa il carattere offensivo delle frasi usate dall’avvocato negli scritti difensivi, ha libertà di effettuare pieno riesame delle espressioni usate sotto il profilo deontologico, che deve tener conto anche della condotta dell’incolpato nel suo complesso nonché della potenzialità offensiva del comportamento del professionista in relazione alla sua ricaduta sul prestigio della classe forense (Nel caso di specie, il professionista aveva definito la difesa avversaria con epiteti quali “disperato tentativo”, “risibile assunto”, “assolutamente delirante”).

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Logrieco, rel. Masi), sentenza del 28 dicembre 2018, n. 225

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 225 del 28 Dicembre 2018 (respinge) (avvertimento)
- Consiglio territoriale: COA Palermo, delibera del 11 Novembre 2010 (avvertimento)
Giurisprudenza CNF

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