La difesa non giustifica l’offesa: illeciti gli attacchi personali al collega di controparte

Nell’ambito della propria attività difensiva, l’avvocato deve e può esporre le ragioni del proprio assistito con rigore, utilizzando tutti gli strumenti processuali di cui dispone, ma il diritto della difesa incontra un limite insuperabile nella civile convivenza, nel diritto della controparte o del giudice a non vedersi offeso o ingiuriato. Pertanto, la tutela del diritto di difesa e critica, il cui esercizio non può travalicare i limiti della correttezza e del rispetto della funzione, non può tradursi, ai fini dell’applicazione della relativa “scriminante”, in una facoltà di offendere, dovendo in tutti gli atti ed in tutte le condotte processuali rispettarsi il dovere di correttezza, anche attraverso le forme espressive utilizzate (Nel caso di specie, l’avvocato aveva affermato che l’iniziativa giudiziaria del collega sarebbe dipesa da “pervicace ignoranza” ed “ignavia”, per poter “lucrare sulle spese”).

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Logrieco, rel. Orlando), sentenza del 1° giugno 2017, n. 63

NOTA:
In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Salazar, rel. Amadei), sentenza del 20 febbraio 2016, n. 20, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Tacchini), sentenza del 10 giugno 2014, n. 85.

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 63 del 01 Giugno 2017 (respinge) (avvertimento)
- Consiglio territoriale: COA Forlì-Cesena, delibera del 13 Novembre 2013 (avvertimento)
Giurisprudenza CNF

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