La contestazione dell’addebito disciplinare non deve necessariamente indicare le norme deontologiche violate

Va esclusa la nullità della decisione con cui il C.D.O. ritenga che i fatti contestati integrino la violazione di norme del Codice Deontologico non specificamente menzionate nel capo di incolpazione, atteso che la contestazione disciplinare nei confronti di un Avvocato, che sia adeguatamente specifica quanto all’indicazione dei comportamenti addebitati, non richiede altresì né la precisazione delle fonti di prova da utilizzare nel procedimento disciplinare, né la individuazione delle precise norme deontologiche che si assumono violate, ben potendo ricollegarsi la predeterminazione e la certezza dell’incolpazione a concetti diffusi e generalmente compresi dalla collettività. Ne consegue che, al fine di garantire il diritto di difesa dell’incolpato, necessaria e sufficiente è una chiara contestazione dei fatti addebitati, non assumendo, invece, rilievo la sola mancata indicazione delle norme violate o una loro erronea individuazione, spettando in ogni caso all’organo giudicante la definizione giuridica dei fatti contestati e configurandosi una lesione al diritto di difesa solo allorquando l’incolpato venga sanzionato per fatti diversi da quelli che gli sono stati addebitati ed in relazione ai quali ha apprestato la propria difesa.

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Salazar, rel. Merli), sentenza del 20 febbraio 2014, n. 9
NOTA:
In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Sica), sentenza del 30 dicembre 2013, n. 221.

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 9 del 20 Febbraio 2014 (respinge) (sospensione)
- Consiglio territoriale: COA Pescara, delibera del 14 Luglio 2011 (sospensione)
- Decisione correlata: Corte di Cassazione n. 25369 del 01 Dicembre 2014 (accoglie)
Giurisprudenza CNF

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