La cancellazione di diritto dall’albo in conseguenza della sanzione accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici

E’ manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 42, secondo comma, lett. a), R.D.L. n. 1758 del 1933, sollevata in relazione all’art. 3, Cost., nella parte in cui stabilisce che l’interdizione temporanea dai pubblici uffici comporta, di diritto, la cancellazione dall’Albo degli avvocati, in quanto il provvedimento del Consiglio dell’ordine che la dispone non ha natura disciplinare, ma costituisce effetto della sanzione accessoria applicata nel caso di condanna per determinati reati, che incide sullo ‘status’ del condannato, determinandone l’inidoneità a ricoprire pubblici uffici, privandolo di uno dei requisiti necessari per l’iscrizione al succitato albo, sicchè non è richiamabile, in riferimento a questo provvedimento, il principio di proporzionalità che, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenze n. 40 e n. 158 del 1990; n. 16 del 1991), rende costituzionalmente illegittime le norme che prevedono l’automatismo della destituzione, in conseguenza di una condanna penale ed in mancanza di una valutazione della condotta nel corso del procedimento disciplinare.

Cassazione Civile, SSUU, Pres. Carbone, Rel. Falcone, P.M. Gambardella (Diff.), sentenza dell’11 gennaio 2005, n. 308

Giurisprudenza Cassazione

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