Illecito disciplinare: la coscienza e volontà delle azioni o omissioni deontologicamente rilevanti

In materia di illeciti disciplinari, la «coscienza e volontà delle azioni o omissioni» di cui all’art. 4 del nuovo Codice deontologico consistono nel dominio anche solo potenziale dell’azione o omissione, che possa essere impedita con uno sforzo del volere e sia quindi attribuibile alla volontà del soggetto. L’agente resta scriminato solo se vi sia errore inevitabile, cioè non superabile con l’uso della normale diligenza, oppure se intervengano cause esterne che escludono l’attribuzione psichica della condotta al soggetto. Ne deriva che non possa parlarsi d’imperizia incolpevole ove si tratti di professionista legale e quindi in grado di conoscere e interpretare correttamente l’ordinamento giudiziario e forense.

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Melogli, rel. Di Campli), sentenza n. 97 del 6 maggio 2021

NOTA:
In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (pres. Masi, rel. Sorbi), sentenza n. 202 del 15 ottobre 2020.

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 97 del 06 Maggio 2021 (respinge) (avvertimento)
- Consiglio territoriale: CDD Trento, delibera del 02 Luglio 2018 (avvertimento)
- Decisione correlata: Corte di Cassazione n. 7501 del 08 Marzo 2022 (respinge)
Giurisprudenza CNF

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