Il rigetto della domanda giudiziale, anche se per motivi di rito, non è automaticamente fonte di responsabilità disciplinare per l’avvocato

La rilevanza disciplinare dell’inadempimento al mandato professionale presuppone che esso derivi da non scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita (art. 26 cdf) ed è in ogni caso esclusa allorché si fondasse esclusivamente su una decisione giurisdizionale che rigetti la domanda della parte per motivi di rito asseritamente imputabili all’avvocato ma in realtà da ritenersi astrattamente infondati e comunque emendabili in sede di gravame, che la parte stessa ometta tuttavia di proporre (Nel caso di specie, il professionista era stato sanzionato disciplinarmente sulla scorta della sentenza che aveva rigettato una sua domanda giudiziale per ritenuta nullità insanabile della procura alle liti, in thesi dovuta ad illeggibilità della firma del cliente. Alla luce della giurisprudenza civile in materia, ed in considerazione del fatto che l’avvocato aveva vanamente invitato il cliente a proporre tempestivo appello avverso la “sentenza censurabile per cui suscettibile di riforma”, il CNF ha accolto l’impugnazione, conseguentemente annullando la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale per la durata di mesi due inflitta dal consiglio territoriale).

Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Pasqualin), sentenza del 18 dicembre 2018, n. 203

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 203 del 18 Dicembre 2018 (accoglie) (assoluzione)
- Consiglio territoriale: COA Milano, delibera (sospensione)
Giurisprudenza CNF

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