Avvocato – Norme deontologiche – Dovere di correttezza e probità – Rapporti con i colleghi – Espressioni sconvenienti e offensive – Esercizio della facoltà di difendersi in proprio – Rilevanza – Illecito deontologico

Ancorchè il professionista, nell’ambito della propria attività, possa ed anzi debba esporre con vigore e calore la tesi difensiva del proprio assistito, pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che, pur avvalendosi della facoltà di difendersi in proprio, nel corso di una controversia giudiziaria usi espressioni offensive nei confronti di un collega, e ciò in violazione dell’art. 20 c.d.f., perché non consone alla correttezza e al decoro che l’incarico di cui è investito il difensore per sua natura comporta e perché lesivo dei doveri di lealtà, correttezza, dignità e probità a cui ciascun professionista è tenuto, nonché lesivo del prestigio e del decoro dell’intera classe forense; con la ulteriore precisazione che il fatto di difendersi in proprio, lungi dal costituire un’attenuante né tanto meno un’esimente, costituisce semmai un’aggravante. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Roma, 24 aprile 2008).

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. VERMIGLIO, rel. BASSU), sentenza del 13 luglio 2009, n. 77

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 77 del 13 Luglio 2009 (respinge)
- Consiglio territoriale: COA Roma, delibera del 24 Aprile 2008
Giurisprudenza CNF

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