All’impugnazione al CNF non si applica l’art. 342 cpc

Il ricorso proposto innanzi al Consiglio Nazionale Forense avverso la decisione emessa dal Consiglio distrettuale di disciplina deve contenere, a norma dell’art. 59 del r.d. n. 37 del 1934, l’enunciazione specifica dei motivi su cui si fonda, ma non soggiace al disposto dell’art. 342 c.p.c. sull’atto di appello; invero, mentre ai fini del rispetto dell’art. 342 c.p.c. è necessario che l’impugnazione contenga, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, affinché sia rispettato il precetto di cui al cit. art. 59 è invece sufficiente che il ricorso al Consiglio Nazionale Forense precisi il contenuto e la portata delle censure mosse al provvedimento impugnato, in modo che resti individuato il “thema decidendum” sottoposto all’esame del giudice disciplinare.

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Napoli, rel. Consales), sentenza n. 220 del 25 ottobre 2023

NOTA:
In senso conforme, tra le altre, Corte di Cassazione (pres. Tirelli, rel. Giusti), SS.UU, sentenza n. 34476 del 27 dicembre 2019.

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 220 del 25 Ottobre 2023 (respinge) (sospensione)
- Consiglio territoriale: CDD Palermo, delibera del 21 Gennaio 2022 (sospensione)
Giurisprudenza CNF

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