Il divieto di produrre o riferire in giudizio corrispondenza riservata riguarda anche il mittente della stessa

Il divieto di produzione in giudizio della corrispondenza riguarda anche la corrispondenza propria, giacché l’art. 48 codice deontologico (già art. 28 codice previgente) non distingue tra mittente e destinatario e, inoltre, la ratio della norma (cioè assicurare la libertà di corrispondenza tra colleghi e lo scambio di scritti tra loro senza riserve mentali o timori che essi possano essere oggetto di produzione o divulgazione in giudizio) sarebbe radicalmente vanificata qualora il mittente della lettera “riservata” potesse fare cadere motu proprio e unilateralmente tale caratteristica e disporne a piacimento, anche producendola o riferendola in giudizio, costringendo il destinatario a temere che tale evento possa sempre verificarsi: il rischio che tale ipotesi si possa concretizzare, infatti, indurrebbe il destinatario ad introdurre riserve e cautele nella risposta (evitando sempre, ad esempio, ammissioni o consapevolezze di torti) così limitando comunque la sua sfera di libertà e snaturando, quindi, la finalità del divieto.

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Siotto), sentenza del 1° dicembre 2017, n. 194

NOTA:
In senso conforme, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Salazar, rel. Marullo Di Condojanni), sentenza del 21 novembre 2017, n. 177, Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Baffa), sentenza del 2 marzo 2012, n. 38.

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 194 del 01 Dicembre 2017 (respinge) (censura)
- Consiglio territoriale: COA Roma, delibera del 03 Aprile 2014 (censura)
Giurisprudenza CNF

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