I limiti all’esercizio della professione forense da parte di un ex magistrato

Il divieto, posto dall’art. 26, terzo comma, del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 a coloro che siano stati magistrati dell’ordine giudiziario, di svolgere la professione di procuratore davanti alla stessa autorità giudiziaria presso la quale abbiano esercitato negli ultimi tre anni le loro funzioni, se non sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione delle stesse, risponde all’esigenza di frapporre un intervallo temporale tra l’attività di magistrato e quella avvocato, al fine di evitare anche il semplice sospetto di utilizzazione nella seconda di notizie e rapporti personali inerenti alla prima: esso, riferendosi alla professione di procuratore (ora di avvocato, a seguito della soppressione dell’albo dei procuratori da parte della legge 24 febbraio 1997, n. 27) intesa come complessiva attività giudiziale che presuppone l’iscrizione nell’albo, non consente di distinguere a seconda che il singolo atto sia o meno compiuto in base a mandato rappresentativo, né a seconda che si tratti di attività civile o penale, configurandosi entrambe come esercizio della professione forense. Il requisito dell’identità dell’ufficio sussiste poi, nei confronti del magistrato che abbia svolto funzioni di procuratore della Repubblica presso la pretura, anche in riferimento all’esercizio della professione forense nell’ambito di indagini affidate alla procura della Repubblica presso il tribunale alla quale siano state trasferite le relative funzioni, dal momento che la soppressione dell’ufficio del P.M. presso la pretura circondariale, disposta dall’art. 2 del d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, ne ha comportato l’incorporazione in quello del P.M. presso il tribunale, con il trasferimento, unitamente alle funzioni, delle connesse situazioni d’incompatibilità. Né il divieto in questione contrasta con l’art. 24 Cost., in quanto la facoltà di scegliere il difensore di fiducia, insita nel diritto di difesa, non può che essere esercitata nell’ambito dei soggetti che l’ordinamento, con criteri predeterminati e ragionevoli, considera abilitati al predetto incarico, proprio a tutela di quel diritto. (Rigetta, Cons. Naz. Forense Roma, 16 Dicembre 2004)

Cassazione Civile, sez. Unite, 16 ottobre 2006, n. 22218- Pres. CARBONE Vincenzo- Est. GRAZIADEI Giulio

Giurisprudenza Cassazione

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