Avvocato – Norme deontologiche – Rapporti con la parte assistita – Gestione di somme – Indebito trattenimento

Alla luce dei principi generali enunciati negli artt. 7, 41, canone I e 43, canone III del del Codice deontologico, il cui fondamento va ravvisato per un verso nei principi contenuti nel codice civile che disciplinano lo svolgimento del mandato (in particolare nell’art. 1713 c.c.) e, per altro verso, nel principio del disinteresse, caratteristico della deontologia forense, se è pur vero che è legittimo diritto dell’avvocato ottenere il pagamento delle proprie spettanze professionali, va tuttavia precisato che all’avvocato non spetta un diritto di ritenzione su somme o cose di spettanza del cliente e che il diritto al pagamento del corrispettivo non può essere esercitato con modalità tali da cagionare un ingiusto danno al cliente, recare disdoro alla categoria professionale e ad indurre il convincimento nell’opinione pubblica che l’avvocato abbia un personale interesse nella controversia. (Accoglie parzialmente il ricorso avverso decisione C.d.O. di Roma, 4 settembre 2007).

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. PERFETTI, rel. Tirale), sentenza del 30 settembre 2008, n. 93

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 93 del 30 Settembre 2008 (accoglie)
- Consiglio territoriale: COA Roma, delibera del 04 Settembre 2007
Giurisprudenza CNF

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