La contestazione dell’addebito disciplinare non deve necessariamente indicare le norme deontologiche violate

Al fine di garantire il diritto di difesa dell’incolpato (costituente il parametro di valutazione della legittimità del procedimento disciplinare in ossequio ai principi generali di buon andamento e di trasparenza dell’attività amministrativa), necessaria e sufficiente è una chiara ed esaustiva contestazione dei fatti addebitati, non assumendo, invece, rilievo la mancata indicazione delle norme violate, spettando in ogni caso all’organo giudicante la definizione giuridica dei fatti contestati con il solo limite di non potersi sanzionare il professionista per fati diversi o ulteriori a quelli specificamente oggetto dell’incolpazione. In sostanza la contestazione dell’addebito disciplinare non richiede una minuta, completa e particolareggiata esposizione della condotta, essendo sufficiente che, con la lettura dell’incolpazione, l’interessato sia in grado di affrontare in modo efficace e compiuto le proprie difese, senza correre il rischio di essere ritenuto responsabile per fatti diversi da quelli ascrittigli.

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. Melogli), sentenza n. 87 del 1° giugno 2022

NOTA:
In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (pres. Masi, rel. Cosimato), sentenza n. 4 del 23 febbraio 2022.

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 87 del 01 Giugno 2022 (respinge) (sospensione)
- Consiglio territoriale: CDD Venezia, delibera n. 53 del 27 Luglio 2018 (sospensione)
Giurisprudenza CNF

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