Come stabilire se il compenso è sproporzionato o eccessivo

Il compenso per l’attività posta in essere deve essere computato alla stregua della tariffa professionale ratione temporis vigente, e, al tempo stesso, deve essere pur sempre proporzionato alla reale consistenza ed all’effettiva valenza professionale espletata. In particolare, il compenso può ritenersi sproporzionato od eccessivo ex art. 43 C.D. (ora art. 29 nuovo CDF) solo al termine di un giudizio di relazione condotto con riferimento a due termini di comparazione, ossia l’attività espletata e la misura della sua remunerazione da ritenersi equa; solo una volta che sia stato quantificato l’importo ritenuto proporzionato, può essere formulato il successivo giudizio di sproporzione o di eccessività, che presuppone che la somma richiesta superi notevolmente l’ammontare di quella ritenuta equa (Nel caso di specie, pur dopo aver dichiarato di accettare transattivamente la somma di euro 200, il professionista aveva tuttavia richiesto il pagamento di euro 1500, a fronte di un’attività per la quale, invece, il compenso professionale congruo era tra 60 e 375 euro).

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Calabrò), sentenza del 25 settembre 2017, n. 136

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 136 del 25 Settembre 2017 (respinge) (censura)
- Consiglio territoriale: COA Venezia, delibera del 20 Ottobre 2014 (censura)
Giurisprudenza CNF

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