La “psicosi affettiva” non basta ad ottenere la rimessione in termini

L’istituto della rimessione in termini (art. 153 co. 2 cpc, già art. 184 bis cpc) ha una connotazione di carattere generale e, come tale, trova in astratto applicazione anche nella fase di gravame dinanzi al CNF, ricorrendone i presupposti, ovvero una causa di forza maggiore o caso fortuito, giacché il concetto di non imputabilità deve presentare il carattere dell’assolutezza, non essendo sufficiente la prova di una impossibilità relativa, quale potrebbe essere la semplice difficoltà dell’adempimento o il ricorrere di un equivoco, evitabile con l’ordinaria diligenza (Nel caso di specie, l’incolpato aveva tardivamente proposto appello al CNF, producendo -ai fini della rimessione in termini- un certificato medico attestante una sua non meglio precisata “psicosi affettiva”. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha rigettato l’istanza di rimessione in termini e, conseguentemente, ha dichiarato inammissibile per tardività l’impugnazione).

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Morlino, rel. Del Paggio), sentenza del 21 febbraio 2014, n. 14
NOTA:
In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Vermiglio, Rel. Allorio), sentenza del 27 febbraio 2013, n. 20.

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 14 del 21 Febbraio 2014 (respinge) (censura)
- Consiglio territoriale: COA Roma, delibera del 05 Febbraio 2009 (censura)
Giurisprudenza CNF

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