Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Como chiede di sapere: 1) sia possibile per un “abogado” (cittadino italiano e da sempre residente in Italia, con percorso universitario e laurea italiana, iscritto nel registro praticanti di Ordine Avvocati italiano) che ha ottenuto l’iscrizione quale avvocato stabilito presso un Foro in cui ha fissato il domicilio professionale, aprire in via del tutto autonoma quale unico titolare altro studio professionale ed esercitare stabilmente presso altro Foro; 2) sia possibile che l’avvocato stabilito anche per giudizi pendenti avanti la medesima Autorità Giudiziaria (ad esempio medesimo Tribunale) possa agire d’intesa con un diverso avvocato per ogni controversia; 3) sia sufficiente che l’intesa possa essere correttamente rappresentata da dichiarazione resa da entrambi gli avvocati e contenuta in documento allegato al fascicolo di parte e nel quale non vi sia alcun riferimento al contenzioso (a titolo esemplificativo: nominativo delle parti, RG, autorità procedente, oggetto); 4) sia necessario che l’avvocato d’intesa con l’avvocato stabilito presenzi alle udienze e conosca (anche se sommariamente) il contenzioso in essere; 5) sia necessario che l’avvocato stabilito con titolo professionale di origine di “Abogado” per essere iscritto al “Regio Collegio de Abogados de Madrid” utilizzi il predetto titolo o possa alternativamente utilizzare anche il titolo di Advocat.

Dopo ampia discussione, la Commissione rende nei seguenti termini il proprio parere.
In merito al quesito n. 1), la Commissione osserva che, a norma dell’art. 4 D.L.gs 2/2/2001 n. 96 l’avvocato stabilito “… ha diritto di esercitare la professione di avvocato di cui al R.D.L. 27/11/1933 n. 1578 …”; ai sensi dell’art. 5 è tenuto al rispetto di una pluralità di norme legislative, professionali e deontologiche che disciplinano la professione di avvocato, mentre a sensi degli artt. 6 e segg. l’esercizio di tale professione è subordinato all’osservanza di una pluralità di condizioni circa l’iscrizione, l’uso del titolo, lo svolgimento di attività giudiziale e/o stragiudiziale. ecc.
Tale essendo il contesto, la Commissione ritiene che, nell’assenza di una norma espressa che lo preveda, non pare esservi alcuno spazio interpretativo per opinare che sia inibito all’avvocato stabilito di aprire in via autonoma studi presso Fori diversi da quello ove abbia fissato il domicilio professionale: una tale facoltà è riconosciuta ai professionisti pienamente abilitati e non vi è motivo di escluderla per gli avvocati stabiliti. Questi ultimi, peraltro, nell’ambito dell’attività stragiudiziale non soffrono delle limitazioni di cui all’art. 8 D.L.gs 22/2/2001 n. 96 onde parrebbe incongruo porre limiti alle loro possibilità di operare presso una pluralità di sedi.
In relazione ai quesiti nn. 2) e 3), la Commissione osserva che il fatto che l’intesa di cui all’art. 8 D.Lgs 2/2/2001 n. 96 debba risultare da scrittura privata autenticata, o da dichiarazione resa al giudice od all’autorità procedente, porta a ritenere che non vi possa essere un affiancamento in via generale ad un avvocato abilitato ma che tale integrazione di poteri debba essere fornita per ogni singola procedura analogamente a quanto accade per la procura speciale ex art. 83 c.p.c. Il riferimento al giudice adito ed all’autorità procedente presuppone infatti l’esistenza di un determinato procedimento onde, in virtù di tale richiamo, e per simmetria interpretativa, può affermarsi che la scrittura privata richiesta dall’art. 8 D. Lgs. 96/2001 adempia in sostanza alla medesima funzione della procura speciale (richiedendosi invece in sede processuale l’atto pubblico per il conferimento delle procure generali). Ammettere la possibilità di “intesa” per il tramite di un’unica scrittura privata, a valere indifferenziatamente per una serie indeterminata di processi, comporterebbe di fatto per l’avvocato affiancato una piena e definitiva abilitazione sottraendolo al controllo dell’avvocato italiano: conseguenza che la lettera e lo spirito della norma intendono evitare secondo quanto si osserverà in appresso. La riferibilità dell’atto di intesa può sussistere pur in mancanza di un’espressa individuazione del contenzioso, soddisfacendo a tale esigenza anche il fatto che la dichiarazione sia contenuta nel fascicolo e risulti indirizzata ad una specifica autorità giudiziaria, ma non può ammettersi un atto di intesa a contenuto indifferenziato in relazione alle attività. La risposta al quesito n. 2 è pertanto negativa, quella al quesito n. 3 positiva ai sensi di cui in motivazione.
In merito al quesito n. 4), questa Commissione si è già pronunciata su questione analoga con il parere n. 9/2012 secondo il quale l’avvocato italiano, con cui l’avvocato stabilito agisce di intesa ai sensi dell’art. 8 del D.Lvo n. 96/2001, non è obbligato a presenziare, ovvero assistere, alle udienze alle quali il secondo partecipi. Va ribadito che l’intesa implica una forte responsabilità dell’avvocato italiano per quanto attiene al controllo dell’attività dell’avvocato stabilito, pur in assenza della condivisione del mandato difensivo.
In relazione al quesito n. 5), il titolo da utilizzare per l’esercizio professionale deve essere individuato sulla base del termine che, nella lingua straniera, corrisponde a quello italiano di avvocato e deve quindi necessariamente coincidere con quello adottato dal Collegio di iscrizione. Gli esercenti la professione forense iscritti al “Regio Collegio de Abogados de Madrid” vengono qualificati in lingua spagnola “abogados” onde il relativo termine deve essere utilizzato dall’iscritto senza possibilità di ricorrere ad altri sinonimi riferibili a diversi Collegi Professionali di avvocati ancorché nella medesima nazione.
La risposta ai cinque quesiti è dunque resa nei termini suesposti.

Consiglio Nazionale Forense (rel. Picchioni), parere del 24 maggio 2012, n. 31

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 31 del 24 Maggio 2012
- Consiglio territoriale: COA Como, delibera (quesito)
Prassi: pareri CNF

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