Il quesito (del COA di Lucca) riguarda la liceità deontologica di prestazioni svolte presso sedi di una associazione con carattere di gratuità relativamente al primo consulto legale.

La Commissione, dopo ampia discussione, fa propria la proposta del relatore e rende il seguente parere:

“Il richiamato parere 3 ottobre 2001 appare ancora attuale sia nella prospettazione della problematicità di risposte generali sia nel richiamo del limite all’attività dell’avvocato costituito dal divieto di accaparramento della clientela.
Tale concetto mantiene un disvalore anche attuale, pure se adeguato all’evoluzione della sensibilità della comunità professionale e della società. L’attività di acquisizione della clientela è – di per sé – lecita, tanto più oggi, da che l’ordinamento comunitario e l’interpretazione di svariate sue norme hanno posto in evidenza (per quanto non assorbente, non preminente e tanto meno caratterizzante) l’aspetto organizzativo, economico e concorrenziale dell’attività professionale.
Il disvalore deontologico continua a risiedere negli strumenti usati per l’acquisizione della clientela che non devono essere, per l’appunto, alcuno di quelli tipizzati in via esemplificativa nei canoni complementari dell’art. 19, non concretizzarsi nell’intermediazione di terzi (agenzie o procacciatori), né essere, più genericamente, “mezzi illeciti” o meglio (nella versione vigente, approvata il 14 dicembre 2006) che possano esplicarsi in “modi non conformi alla correttezza e decoro”.
L’articolo 19 del codice deontologico, dunque, vieta che per l’acquisizione di rapporti di clientela il professionista ricorra a mezzi illeciti e cioè assunti in violazione delle norme, sia di quelle dell’ordinamento generale sia di quelle disciplinari settoriali che delineano il corretto comportamento del professionista.
Va ricordato che i canoni II e III di tale disposizione, introdotti nell’art.17 del codice deontologico il 27 gennaio 2006 e trasferiti all’art. 19 per ragioni sistematiche con la modificazione approvata il 14 dicembre 2006, sostanzialmente vietano l’offerta di prestazioni professionali, sia pubblica ed in incertam personam, sia privata.
Quanto all’evenienza di una prima consulenza gratuita, va preso atto della libertà per l’avvocato di stabilire il livello dei compensi, come consentito dalla legge e deontologicamente lecito nei limiti della proporzione con l’attività prestata.
In concreto la Commissione può dunque offrire soltanto indici in base ai quali potranno, caso per caso, essere confrontate le condotte rilevate in fatto. Tra questi una verifica dell’inequivocità e dell’ambito dell’offerta, in particolare tesa a chiarire se si tratti della proposta di gratuità per una consulenza organica e completa ovvero di un primo generico inquadramento del problema, non oneroso per prassi diffusa e dunque messaggio potenzialmente decettivo e suggestivo; ovvero la presenza delle altre segnalazioni informative previste dall’art. 17. Potrà inoltre essere opportunamente soppesato ogni altro elemento della fattispecie concreta in grado d’illustrare la finalità che, con l’offerta di gratuità, si propone l’iscritto”.

Consiglio Nazionale Forense (rel. Bianchi), parere del 16 luglio 2010, n. 33

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 33 del 16 Luglio 2010
- Consiglio territoriale: COA Lucca, delibera (quesito)
Prassi: pareri CNF

Related Articles

0 Comment