La (potenziale) rilevanza deontologica della vita privata del professionista

Deve ritenersi disciplinarmente responsabile l’avvocato per le condotte che, pur non riguardando strictu sensu l’esercizio della professione, ledano comunque gli elementari doveri di probità, dignità e decoro e, riflettendosi negativamente sull’attività professionale, compromettono l’immagine dell’avvocatura quale entità astratta con contestuale perdita di credibilità della categoria. La violazione deontologica, peraltro, sussiste anche a prescindere dalla notorietà dei fatti, poiché in ogni caso l’immagine dell’avvocato risulta compromessa agli occhi dei creditori e degli operatori del diritto.

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Florio), sentenza del 24 settembre 2015, n. 145

NOTA:
In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. De Giorgi), sentenza del 24 settembre 2015, n. 141, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Tacchini, rel. De Giorgi), sentenza del 14 marzo 2015, n. 59, Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Ferina), sentenza del 24 luglio 2014, n. 102, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Salazar, rel. Broccardo), sentenza del 17 luglio 2014, n. 94.

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 145 del 24 Settembre 2015 (respinge) (sospensione)
- Consiglio territoriale: COA Perugia, delibera del 22 Giugno 2012 (sospensione)
- Decisione correlata: Corte di Cassazione n. 15543 del 22 Luglio 2016 (respinge)
Giurisprudenza CNF

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